#48 – Udine, il cuore pulsante del Friuli
Trascrizione dal podcast Salvatore racconta, episodio pubblicato il 5 febbraio 2022.
Distribuito con licenza Creative Commons CC-BY 4.0 non commerciale.
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Gli studenti di italiano arrivati a un livello avanzato potrebbero pensare che alcune cose di base non abbiano più sorprese per loro.
I colori, per esempio. Cosa c’è di più immediato e autoevidente dei colori? Una volta che li hai imparati, è finita lì, no?
Di solito, sì. Per questo l’erba di un prato è verde, il cielo può essere grigio o azzurro a seconda del tempo, il mare è blu e i pomodori quasi sempre rossi. Il vino, poi. Beh, sul vino siamo tutti più che sicuri.
Vino bianco, vino rosso, vino rosato. Fine. Al limite, possiamo aggiungere qualche aggettivo a precisare. Rubino, paglierino, ambrato, verdolino, vermiglio.
Ora però andiamo un attimo in un’osteria della città che visitiamo oggi. Entriamo e c’è quell’odore così caratteristico di legno vecchio e di mosto, il rumore è quello di gente che parlotta e magari gioca a carte o a freccette. Davanti a noi al bancone c’è un’altra persona che sta ordinando, quindi aspettiamo. Magari un po’ distratti, concentrati sui fatti nostri, non ascoltiamo quello che dice all’oste. Non lo ascoltiamo, ma comunque lo sentiamo.
L’uomo dice: “un nero”. E l’oste, impassibile, gli versa un bicchiere di vino. Ma è rosso. Perché nero?
Ordiniamo da bere anche noi. “Un nero” per non rischiare, e non fare la figura dei forestieri. Poi torniamo al tavolo a farci qualche domanda.
Ma che città è questa dove il vino rosso si chiama nero? Una città dove si parla un dialetto strano, profondo, quasi incomprensibile tranne poche parole. Una città dove la gente sembra sempre un po’ per i fatti suoi, ma quando due persone si incontrano si salutano sempre con grande affetto.
Una città dove si mangia tanto prosciutto, e una specie di strana pizza fatta di patate e formaggio. Dove vicino allo stadio trovi tante persone con sciarpe e magliette a righe bianconere. Ma non vi azzardate a chiedergli se sono tifosi della Juventus, si arrabbierebbero moltissimo!
Sono tifosi della squadra locale, antichissima, orgoglio della loro città. Che è una città tranquilla oggi, ma con una storia travagliata. A causa della sua posizione, in mezzo a due grandi poteri della storia. E a causa della natura, che qui ha reso la vita difficile a molte generazioni e ha forgiato per sempre l’anima della città e di tutta la regione.
Oggi parliamo di Udine, il cuore pulsante del Friuli.
Gli ascoltatori di lungo corso di Salvatore racconta forse si ricorderanno di Udine perché abbiamo accennato alla sua esistenza nell’episodio 4 di Salvatore racconta, quello dedicato a Trieste. Udine e Trieste si trovano a un’ottantina di chilometri di distanza l’una dall’altra, e fanno parte della stessa regione amministrativa, il Friuli – Venezia Giulia.
Se state leggendo la trascrizione del podcast, che potete ricevere con la newsletter ogni domenica, vedrete che il Friuli – Venezia Giulia è una regione con il trattino. Un po’ come l’Emilia Romagna. Perché riunisce amministrativamente due regioni storiche separate e abbastanza diverse tra loro.
Trieste si trova nella Venezia Giulia, la zona costiera che ha molti collegamenti -come è facile intuire- con Venezia e la sua storia. Lo stesso dialetto triestino ha molto in comune con il veneziano, è quasi una sua variante.
Udine invece si trova in Friuli, la zona più interna della regione, ha una storia e una tradizione tutte sue. E anche un dialetto tutto suo. Anzi, una lingua. Il friulano, o furlan come lo chiamano qui.
Friuli e Venezia Giulia, come in Italia succede sempre tra vicini, non si amano troppo. Per via di una storia molto diversa dove il potere dei grandi vicini ha avuto un ruolo molto importante. Forse troppo.
La presenza di Udine nella storia si fa interessante a partire dal medioevo. La città esisteva in età romana, e anche prima, ma per tanto tempo è stata oscurata dall’importanza di due centri vicini, poi decaduti, Aquileia e Cividale del Friuli.
Aquileia e Cividale, che in epoca romana erano importanti fulcri di potere civile e religioso, erano cadute a causa della nascita di uno Stato potente un po’ più a sud. La Repubblica di Venezia.
Udine ne ha approfittato per un po’, prima di cadere a sua volta sotto il controllo della Serenissima. Venezia decide di governare Udine attraverso una famiglia di nobili friulani locali, ma fedeli alla Repubblica. È la casata dei Savorgnan. Ancora oggi il simbolo della loro famiglia è quello della città di Udine.
Nel periodo del Rinascimento, la repubblica di Venezia è proprietaria di un piccolo impero nel mediterraneo. Controlla città in Croazia, in Grecia, in tutto l’adriatico. I possedimenti di terra non sono interessanti da un punto di vista economico, ma lo sono dal punto di vista strategico. Servono a mettere un cuscinetto tra Venezia e un potente nemico al di là delle Alpi: l’Austria.
Proprio a causa dello scontro tra Austria e Venezia, nel 1511 Udine vive una delle pagine più nere della sua storia, quella del Crudele Giovedì Grasso.
Da un paio d’anni, Udine era in preda all’anarchia, messa a ferro e fuoco da proteste di contadini e piccoli commercianti stanchi del governo veneziano che li faceva vivere nella fame. Stanchi soprattutto della famiglia Savorgnan, filoveneziani, ma in fondo anche degli altri nobili locali, come i Della Torre, una famiglia fedele all’Austria.
Solo che Savorgnan aveva un piano diabolico per spegnere la protesta e farla finita anche con i Della Torre, suoi rivali dentro la città. Il giorno di giovedì grasso del 1511, dalle mura di Udine si vede avvicinarsi un piccolo esercito. Sono tutti convinti che siano truppe austriache, pronte a conquistare la città approfittando del caos. La popolazione, già arrabbiata e armata, reagisce entrando nel panico. Antonio Savorgnan ne approfitta per riprendere il controllo. Convince la popolazione che gli austriaci sono pronti ad attaccare perché sono in combutta con la famiglia Della Torre e così aizza gli udinesi contro i suoi nemici. Per le strade della città inizia un massacro che dura per giorni.
Savorgnan dal suo palazzo se la ride. Ha ottenuto due piccioni con una fava. I contadini hanno scaricato la loro rabbia e furia omicida e lui si è liberato dei suoi più grandi nemici in città. Sarà la sua famiglia a governare Udine ancora e ancora, per conto di Venezia dove resta fino alla Restaurazione.
È noto infatti che dopo le guerre napoleoniche e il congresso di Vienna, il Veneto e il Friuli entrano a fare parte dell’Impero austriaco. Udine così ci entra per la prima volta nel 1815 e ci resta per mezzo secolo, fino alle guerre d’indipendenza e all’unità d’Italia.
Nel nuovo regno italiano, Udine si trova a un passo dal confine. Al di là, il nemico storico dell’Italia, l’impero austriaco. Quando scoppia la prima guerra mondiale e l’Italia entra nel conflitto proprio contro l’Austria, Udine è l’avamposto d’eccellenza. Lì si trova il comando generale dell’esercito, almeno fino al 1917 e alla tragica battaglia di Caporetto. Ma questa è un’altra storia.
Quella di Udine continua nel ventesimo secolo con le fatiche e i dolori delle due guerre mondiali e del tragico terremoto del Friuli del 1976 che ha fatto quasi mille vittime in tutta la regione.
Da quei giorni tragici a oggi, Udine è cambiata diventando una città al contempo tranquilla e vivace, un importante centro universitario e custode dell’eredità storica sua e di tutto il Friuli.
Clicca qui per scaricare il pdfDi quell’eredità storica in città si vedono ancora molto bene le tracce, a partire dal maestoso castello di Udine, risalente al sedicesimo secolo e che sorge su una collinetta nel cuore della città. È un palazzo che vale la pena visitare anche perché ospita ben tre musei.
Sempre in centro potete passeggiare per le vie e le piazze che ricordano molto lo stile veneziano, ma su terraferma. Se vi incuriosiscono le personalità particolari, fermatevi a visitare la casa di Tina Modotti, geniale fotografa udinese e importante teorica e militante comunista.
Nel vecchio mercato del pesce, che oggi ospita un elegante palazzo in stile liberty, c’è una galleria proprio dedicata alle foto di Modotti. Ne vale la pena, credetemi.
Se siete stanchi del giro, potete fermarvi infine nell’elegante piazza Matteotti, che i locali chiamano piazza delle erbe ricordando il suo antico ruolo di sede del mercato cittadino. Qui e nei dintorni si possono gustare le prelibatezze della cucina udinese e friulana.
Il re della cucina locale è il frico, un piatto che somiglia a una pizza o a una frittata, ed è preparato a base di formaggio fuso, patate e cipolle. Contenuto calorico altissimo, quindi andateci piano se volete continuare a visitare la città. In alternativa potete provare i blecs, un tipo di pasta dal formato irregolare solitamente servita con un ragù di selvaggina, o magari semplicemente un piatto misto di formaggi e salumi. In particolare, il prodotto culinario più famoso del Friuli, il prosciutto crudo San Daniele, famoso per la sua dolcezza.
A proposito di dolci veri invece, nulla di più tipico a Udine della gubana, un ciambellone morbido ripieno di uvetta.
Cosa bere? Il Friuli è una terra di vini, soprattutto vini forti. La cosa migliore è andare in osteria e farsi consigliare. Oppure ordinare ‘un nero’, come dicevamo all’inizio, e fidarsi dell’oste. Se invece siete più attenti, potete provare il Refosco, un vino rosso molto tipico della zona, o il Friulano, un vino bianco che una volta si chiamava Tocai come quello ungherese, fresco e profumato, ottimo da bere freddo in estate.
Se al vino preferite la birra, in questa città è nata una delle birre in bottiglia più famose d’Italia: la birra Moretti, rappresentata dal suo eterno uomo baffuto sull’etichetta.
Oltre all’arte e al cibo, l’orgoglio della città passa dal calcio. L’Udinese è una delle squadre più antiche del calcio italiano, da molti anni gioca stabilmente in serie A e ha anche fatto delle apparizioni più che dignitose nelle coppe europee. I suoi colori sociali sono il bianco e nero e lo stadio delle sue partite di casa è lo stadio Friuli, oggi noto come Dacia Arena per ragioni di sponsor. Se passate da lì il giorno della partita potrete sentire il tipico inno dei tifosi, rigorosamente in friulano. Alé Udin!
Come forse avrete capito, Udine è una città un po’ speciale, anche se forse non ne avete sentito molto parlare in passato. Come molti dei luoghi di cui parliamo qui a Salvatore racconta, è una città dove non si arriva per caso ma per scelta. Dovete arrivarci consapevoli, in cerca della storia speciale di questi luoghi e della sua identità così peculiare. A pochi chilometri dalla città poi ci sono splendidi altipiani, una natura fatta di panorami difficili ma bellissimi, e una cultura che sfuma e si mischia tra Italia, Slovenia e identità regionale friulana.
Non resterete delusi da questa terra e dalla sua gente. Capita che i friulani, a una prima impressione, si mostrino diffidenti e distaccati. È la diffidenza naturale di generazioni cresciute su una terra difficile e non molto ricca, sulla quale si deve lavorare molto per ottenere qualcosa. Ma basta conoscerli meglio e dimostrargli affetto e rispetto per trovare gli amici più leali e cari che potete immaginare.
Persone di cui fidarsi, con cui chiacchierare, per scoprire il passato e il presente di questa città così discreta. Magari mischiando due o tre parole di furlan. Magari bevendo qualche bicchiere di vino. Nero, mi raccomando.
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