Il cavallo nella lingua italiana – parole ed espressioni
Per molti secoli, il cavallo è stato l’animale più presente nella vita quotidiana delle persone, in quasi tutto il mondo.
È stato un animale utile ai lavori agricoli, agli spostamenti in campagna e in città, e anche alla guerra.
Per questo motivo, la lingua italiana è ricca di parole specifiche legate al mondo del cavallo ed espressioni che vengono da lì ma che oggi hanno un significato idiomatico diverso e usato nella lingua di tutti i giorni.
Prima di vederne alcune, vediamo quali parole in generale possono indicare un cavallo.
Naturalmente partiamo da cavallo, dalla sua forma femminile cavalla (chiamata anche giumenta) e dal diminutivo cavallino. Anche se la parola corretta per definire un cavallo giovane è puledro, con il femminile puledra.
Esistono anche parole specifiche usate, soprattutto in passato, per definire i cavalli in base al loro uso da parte degli esseri umani.
Lo stallone, ad esempio, è il cavallo maschio destinato alla riproduzione, il destriero è il tipico cavallo da guerra, il palafreno è il cavallo adatto ai viaggi e il ronzino è un cavallo di minore qualità, di solito usato al trasporto di merci. La parola ronzino si usa anche in senso dispregiativo, verso un cavallo lento e anziano.
Un sinonimo di ronzino è brocco. Oggi più che altro usato in senso dispregiativo e simbolico, soprattutto per riferirsi a uno sportivo di qualità mediocre.
Es. “Non mi piace per niente il nuovo attaccante del Milan, per me è un brocco!”.
A volte come sinonimo di cavallo si usa la parola equino, che tuttavia è più generica perché indica tutti gli animali della stessa famiglia come asini, muli e zebre.
Equino funziona nella lingua italiana anche come aggettivo per cose e attività riferite ai cavalli. Un allevamento equino, una macelleria equina, etc. Lo sport che consiste nell’andare a cavallo si chiama equitazione. In alcuni contesti, si usa anche l’aggettivo equestre. Come nel caso del circo equestre, per esempio.
Raramente si incontra l’aggettivo cavallino. In particolare nel caso di un volto cavallino, per indicare una persona dalla faccia un po’ allungata, o di febbre cavallina, per parlare di una malattia tipica dei cavalli.
L’espressione febbre da cavallo si usa per parlare di una febbre molto alta (intorno ai 40 gradi) oltre a essere il titolo di una famosa commedia italiana.
I cavalli in natura sono selvatici (o selvaggi), ma possono essere addomesticati dall’uomo.
Che può usarli per lavorare, combattere o semplicemente per muoversi. E dunque per cavalcare.
Fare una cavalcata può semplicemente significare fare una passeggiata a cavallo, ma non solo. Nel gergo sportivo, il percorso di un atleta o di una squadra verso una grande vittoria si può definire una cavalcata trionfale.
A seconda del ritmo e della velocità, esistono almeno tre parole tecniche per descrivere l’andatura della cavalcata. Il passo (il più lento), il trotto (medio) e il galoppo (il più veloce).
Il verbo galoppare si usa metaforicamente per qualcosa che va molto veloce.
Es. Purtroppo per i consumatori, l’inflazione a giugno galoppa!
Per indicare la persona che va a cavallo ci sono molte parole. La più famosa è cavaliere, che però ha un significato più complesso del semplice ‘persona che va a cavallo’ perché a partire dal medioevo indica precisamente un uomo di famiglia importante che va a cavallo per combattere e condivide una serie di valori che si chiamano appunto cavallereschi. Per questo parliamo di morale cavalleresca, comportamenti cavallereschi e, in letteratura, anche di poemi cavallereschi.
Oggi diciamo che un uomo si comporta come un cavaliere quando ha comportamenti particolarmente galanti, soprattutto nei confronti delle donne. Gesti come cedere il passo a una signora o fare il baciamano sono definiti atti di cavalleria.
La cavalleria non è solo questo, però. È anche il nome della sezione di un esercito composta da uomini che combattono a cavallo. Per motivi legati al progresso tecnologico, negli eserciti contemporanei non esiste praticamente più.
Il luogo in cui vivono i cavalli di solito è una scuderia, da cui oggi deriva anche l’uso di questa parola nel gergo delle corse dei cavalli e anche di quelle automobilistiche (es. la scuderia Ferrari).
Invece, il luogo attrezzato per praticare l’equitazione è un maneggio.
Nelle corse dei cavalli come nell’equitazione artistica, la persona che cavalca si chiama fantino.
Il luogo dove si organizzano le corse dei cavalli è l’ippodromo, con una parola di chiara origine greca. Per gli stessi motivi, possiamo incontrare l’aggettivo ippico e il sostantivo ippica, usato per le gare sportive di velocità a cavallo, mentre equitazione è solitamente riservato alle discipline artistiche e acrobatiche.
Normalmente, per cavalcare è necessario che il cavallo sia provvisto di alcuni strumenti.
A partire dalla sella, ovvero il pezzo di cuoio che si posa sulla schiena del cavallo e che fa praticamente da sedia. E poi le briglie, anche dette redini, cioè le corde con cui la persona che cavalca può indicare la direzione al cavallo o fermarlo.
Si può dire salire in sella o montare in sella per indicare il gesto di salire sul cavallo. Per analogia, si usano anche nel mondo della bicicletta e della motocicletta.
Ai lati della sella si trovano le staffe, ovvero degli oggetti in cui la persona che cavalca può tenere i piedi per avere più stabilità.
In alcune circostanze, i cavalli possono (o devono) indossare i paraocchi, due pezzi di materiale che si trovano ai lati della testa del cavallo per obbligarlo a guardare solo davanti a sé senza che altri elementi lo possano distrarre.
Il freno è la parte delle redini che si trova nella bocca del cavallo. Tirarlo serve a ordinare al cavallo di rallentare o fermarsi. Non a caso, il freno nei mezzi meccanici (a partire dall’automobile) è lo strumento che serve per fermare il movimento.
Da tutti questi elementi di “abbigliamento” del cavallo nascono alcune espressioni molto conosciute e usate ancora oggi, in un mondo in cui i cavalli sono decisamente meno di un tempo.
Restare (o rimanere) in sella è un’espressione usata per dire che qualcuno riesce a gestire una situazione difficile e problematica. Tornare in sella significa riprendersi dopo una situazione difficile.
Es. Nonostante la crisi di governo e le accuse di alcuni partiti dell’alleanza, il premier è rimasto in sella fino alle elezioni.
Es. Dopo un periodo di riflessione, sono pronto a tornare in sella. Voglio trovare un lavoro nuovo e una nuova stabilità economica.
Perdere le staffe è un’espressione usata per dire che qualcuno perde il controllo e manifesta la sua rabbia e/o altre emozioni negative.
Es. A un certo punto Maria ieri si è messa a gridare contro suo marito e lo ha cacciato di casa. Ha proprio perso le staffe!
Fare qualcosa a briglia sciolta significa farlo con grande libertà e tranquillità. Si usa soprattutto nel caso di parlare.
Es. Giovanna all’inizio sembra una ragazza molto riservata, ma quando prende confidenza, inizia a parlare a briglia sciolta ed è quasi impossibile fermarla!
Avere (o tenere) le redini di qualcosa significa averne il controllo. Allo stesso modo, allentare le redini equivale a concedere più libertà.
Es. Il dottor Martini tiene le redini dell’azienda di famiglia da più di cinquant’anni.
Es. Visto che i contagi da Covid-19 sono radicalmente diminuiti, il governo ha deciso di allentare le redini.
Avere i paraocchi significa non volere (o non potere) vedere la realtà in tutti i suoi aspetti. Dunque, avere una visione limitata delle cose.
Es. Ma com’è possibile che Sara non si sia ancora accorta di quanto è stupido Stefano? Non lo vede? Ha proprio i paraocchi!
Mordere il freno è un modo per dire che una persona accetta a fatica gli obblighi e non vede l’ora di essere libera.
Es. I calciatori della nazionale sono arrivati a Londra e sono pronti per la finale. Mordono il freno in attesa di giocare.
Se in un bar o in un locale qualcuno propone il bicchiere della staffa vuole proporre un ultimo drink prima di tornare a casa e di finire la serata.
Es. Va bene, ragazzi, è già tardi e domani io devo lavorare. Beviamo il bicchiere della staffa e poi tutti a casa, ok?
Naturalmente esistono parole ed espressioni legate direttamente alla parola cavallo.
Possiamo per esempio accavallare le gambe, ovvero metterle una sopra l’altra quando ci sediamo. Come fa Sharon Stone in una scena famosissima del film Basic Instinct.
In senso metaforico, si possono accavallare anche delle cose a livello temporale.
Es. La lezione di latino finisce alle 11:30 e quella di storia inizia alle 11:15. È impossibile assistere a entrambe, si accavallano.
Quando un evento storico si inserisce tra due porzioni di tempo, possiamo usare l’espressione a cavallo con il chiaro significato visuale di vedere una gamba da un lato e una dall’altro.
Es. Napoleone è stato il personaggio storico più importante a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo.
Se qualcuno però esclama “siamo a cavallo!” probabilmente vuole dire (sinceramente o in modo sarcastico) di trovarsi in una buona situazione e di avere risolto un problema.
Es. Ho preparato tutto per vedere la partita insieme a casa mia. Mancano solo le birre, ma le porta Francesco, quindi siamo a cavallo!
Di fronte a una persona che aspetta qualcosa di impossibile o molto lontano nel tempo, possiamo esclamare Campa cavallo!, forma abbreviata del detto Campa cavallo che l’erba cresce!.
Deriva da una storiella in cui un contadino chiede al suo cavallo di continuare a vivere (campare) perché presto l’erba sarà cresciuta e buona da mangiare.
Invece, per ricordare a qualcuno che bisogna sempre essere grati di quello che otteniamo gratuitamente e/o in regalo, si può dire che a caval donato non si guarda in bocca.
Fa riferimento al fatto che, quando si comprava un cavallo era opportuno osservare lo stato dei suoi denti per verificarne la salute. Di fronte a un regalo però, non è il caso di essere così pignoli, ma di accettare e ringraziare.
Come succede spesso, anche il cavallo ha dei falsi alterati.
Un cavalluccio per esempio può essere un cavallo di legno per bambini o anche un cavalluccio marino, un pesce la cui testa ricorda un po’ quella di un piccolo cavallo.
Il cavalletto invece è lo strumento di sostegno, di solito di legno, su cui un pittore poggia la tela che sta dipingendo.
Il cavallone è un’onda molto grande e alta, perfetta per chi ama il surf!
E il caciocavallo? Beh, è un formaggio. Si chiama così, perché tradizionalmente i produttori, per farlo asciugare, lo appendono in coppia usando una trave di legno. In che posizione? Ma naturalmente… a cavallo!
Su cavalli e derivati è tutto. Se hai dei consigli, dei suggerimenti o delle domande, lascia un commento qui sotto o scrivimi a salvatoreraccontapodcast@gmail.com!
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Buona cavalcat… ehm, lettura!