#71 – Aldo, Giovanni e Giacomo
Trascrizione dal podcast Salvatore racconta, episodio pubblicato il 16 luglio 2022.
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Provate a immaginare questa scena. Un bosco, di notte, accompagnato da una musica drammatica di violini. All’improvviso dal buio appare una giovane donna, vestita all’antica, che si guarda alle spalle impaurita. E subito dopo, appare un altro personaggio dalle tenebre. È un vampiro!
No, non avete sbagliato podcast. È sempre Salvatore racconta, e siamo sempre qui per arricchire il nostro italiano di storie, lessico e simboli.
Che ci crediate o no, questa è la scena più famosa della commedia italiana più divertente degli anni Novanta.
Ma come? Dracula, vampiri, ragazze impaurite che scappano nel bosco? Sembra lo scenario di un horror, pure piuttosto banale, e non di una commedia.
E se vi dicessi che a un certo punto quel vampiro comincia a parlare con uno smaccato accento siciliano? Ci credereste un po’ di più?
Forse sì, seguitemi un attimo.
Perché è una scena strana, d’accordo, e in effetti ha poco a che fare un po’ con tutto il resto del film. È stata inserita lì perché i protagonisti e sceneggiatori la amavano molto. Era un loro cavallo di battaglia quando lavoravano in teatro e volevano usarla nel loro primo film, anche per farsi conoscere.
Ma qual è questo film insomma? È un film che parla di tre uomini e una gamba di legno e si chiama proprio Tre uomini e una gamba. Niente misteri da queste parti.
Una commedia, dicevamo, fatta da tre attori partiti dal teatro. E in particolare, dal cabaret. Quel tipo di teatro fatto di battute veloci e sagaci.
Questi tre, dopo avere esplorato le possibilità del teatro comico in lungo e in largo, si sono dati anche alla tv e soprattutto al cinema.
Diventando un trio comico conosciutissimo, citatissimo e molto amato. Capaci di creare un’ironia leggera e popolare senza mai scadere nella volgarità e nel pecoreccio.
Forse per questo sono molto amati.
Forse per questo a tutti scappa almeno un sorriso quando pensano a loro.
Ad Aldo, Giovanni e Giacomo.
In via Cesare Correnti a Milano, a due passi dalla Basilica di Sant’Ambrogio, c’è un piccolo edificio che quasi non si vede. È il teatro Arsenale, famoso soprattutto per la sua scuola di recitazione. Una vera e propria palestra per gli attori milanesi.
È lì, che nella seconda metà degli anni Settanta, si incontrano e diventano amici due dei nostri protagonisti. Cataldo Baglio, detto Aldo. E Giovanni Storti. Sono quasi coetanei e sono cresciuti entrambi a Milano. Con la differenza che Aldo è nato a Palermo, e porta sul palco tutta la sua sicilianità, con un accento molto marcato che nella vita reale non gli appartiene. Giovanni invece è un milanese fatto e finito, da generazioni, e non perde occasione per ricordarlo a tutti.
Sono attori comici, è la cosa che gli viene meglio, sanno come far ridere esasperando i loro caratteri e soprattutto i loro difetti. E usando la capacità mimica che hanno imparato all’Arsenale.
Iniziano con un po’ di spettacoli di cabaret qua e là nei locali indipendenti di Milano. È così che fanno la conoscenza di un altro attore che in quel periodo recita solo a tempo perso, perché di mestiere fa l’infermiere. Si chiama Giacomo Poretti e di solito va in scena insieme alla sua fidanzata dell’epoca, Marina Massironi.
Quando Aldo e Giovanni conoscono Giacomo, vedono le possibilità per lavorare in trio. Cominciano all’inizio degli anni Novanta e di spettacolo in spettacolo ci sono sempre più spettatori e teatri sempre più grandi.
Insomma, le cose vanno a gonfie vele. In quegli anni, il trio crea le sue scenette più famose, alcune delle quali entreranno poi anche nei loro film.
Di passaggio tra il teatro e il cinema c’è anche la televisione. Aldo, Giovanni e Giacomo vengono invitati a partecipare a un programma televisivo. Si chiama Mai dire goal ed è fatto da tre voci fuori campo che commentano le azioni più goffe commesse durante le partite di calcio della settimana. Come intermezzi, ci sono alcuni interventi di attori e gruppi comici. Proprio come Aldo, Giovanni e Giacomo che tramite la tv hanno la loro vera e propria vetrina nazionale che li fa diventare conosciuti non solo tra il pubblico del cabaret milanese, ma dai telespettatori di tutta Italia.
Finché nel 1991, dall’incontro con il regista Massimo Venier, non viene fuori l’idea. Ma perché non facciamo un film?
Il film in questione è proprio Tre uomini e una gamba, che abbiamo citato all’inizio. È un film senza pretese, girato in modo semplice e con una trama abbastanza esile che serve quasi solo a tenere insieme le scene comiche più famose del trio.
La trama è più o meno questa: Aldo, Giovanni e Giacomo sono tre uomini sulla quarantina, che fanno una vita un po’ noiosa da commessi in un negozio di ferramenta. Aldo e Giovanni sono sposati con due delle figlie del loro capo, e Giacomo sta per sposare la terza. Il padrone del negozio, il classico cafone arricchito molto volgare e collerico, ha deciso che il matrimonio non si farà a Milano dove vivono tutti, ma nella sua elegantissima villa in Puglia.
Così Aldo, Giovanni e Giacomo partono in macchina da Milano per arrivare in Puglia. Sarà un viaggio lungo, pieno di sorprese e incidenti e accompagnato… da una gamba.
Ma in che senso una gamba?
Come detto, il suocero dei tre è un uomo ignorante e privo di gusto, ma anche molto ricco. Ha deciso di investire nell’arte contemporanea comprando la scultura di un artista molto controverso e che è semplicemente una gamba di legno, nemmeno troppo rifinita. Al punto che, in un’altra scena molto famosa del film, Giovanni la prende in mano e dice: “il mio falegname con trentamila lire la fa meglio!” suscitando l’indignazione di Giacomo che -dei tre- è quello più intellettuale.
Comunque sia, il viaggio dei tre uomini e della gamba è pieno di peripezie tra cui un incidente in auto, una partita a calcio in spiaggia con un gruppo di ragazzi marocchini, Giacomo ricoverato per un’improvvisa colica renale. Ma soprattutto… Chiara.
Una ragazza incontrata per caso e che fa una parte del viaggio insieme ai nostri eroi. Carina, simpatica, molto brillante, finisce per fare perdere la testa a Giacomo a pochi giorni del suo matrimonio.
Come finisce, con le nozze e la gamba, non ve lo dico. Andatelo a guardare.
Come hanno fatto milioni di italiani all’uscita del film, che -come si dice in gergo cinematografico- ha sbancato al botteghino. E nessuno se lo aspettava. Tantomeno gli stessi Aldo, Giovanni e Giacomo che avevano creduto poco in quel film.
Perché Tre uomini e una gamba era davvero nato come un collage di vari sketch e scenette provate a teatro, con una trama molto semplice e personaggi poco approfonditi.
Eppure, c’era qualcosa in quei personaggi che li rendeva comici, ma anche molto umani. Qualcuno in cui potersi immedesimare. Per esempio Giovanni, così prudente, preciso, ligio alle regole, uno che vuole fare sempre la cosa giusta, l’immagine perfetta del classico piccolo borghese di Milano. Oppure Giacomo, un sognatore, un ingenuo, un intellettuale che si sente frustrato in quel lavoro monotono da commesso di negozio. E che di sposare la figlia del suo capo non ha poi tanta voglia… E infine Aldo, che interpreta gli stereotipi sui meridionali. Pasticcione, goffo, ritardatario, ma anche genuino e sempre di buon umore.
Va detto che le differenze tra nord e sud non sono un’invenzione di Aldo, Giovanni e Giacomo, sono anzi quasi un cliché della commedia italiana, ma non è una cosa che disturba quando guardiamo Tre uomini e una gamba, soprattutto la famosa scena della cadrega.
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Ricordate il vampiro dell’inizio? Bene, fa parte di un sogno di Aldo durante una pausa del viaggio. Sogna di essere il conte Dracula, un vampiro meridionale, che finisce per errore a casa di due contadini del nord -Giovanni e Giacomo- che vanno a caccia di terun, ovvero terroni, il nome dispregiativo con cui al nord si parla delle persone del sud. Aldo, in quella situazione, per salvarsi la vita, prova a fingere un accento settentrionale molto buffo. Allora, i due mangiano la foglia e decidono di verificare la sua vera identità offrendogli una cadrega. Che cos’è una cadrega? In dialetto lombardo è la sedia. E il trucco sta proprio in quello. Aldo, da meridionale, non ne ha idea e così Giovanni e Giacomo possono scoprirlo e provare a catturarlo.
Insomma, il successo di Tre uomini e una gamba è tale che il trio decide di replicarlo un anno dopo con un film simile. Si chiama Così e la vita e anche questo è basato su un viaggio in macchina. Questa volta però con dei ruoli un po’ diversi. Aldo interpreta un ladro che scappa di prigione, Giacomo è il poliziotto sbadato che non riesce a impedirglielo e Giovanni è solo un passante sfortunato che Aldo decide di portare come ostaggio. Alla fine diventano amici e provano a risolvere i loro problemi. E più o meno ci riescono, diciamo.
Lo stesso schema si ripete con il terzo film del trio, il più maturo da un punto di vista tecnico e narrativo. Perché questa volta la sceneggiatura è completamente originale e la trama non serve solo a unire le gag e gli scherzi, ma approfondisce i personaggi e affronta temi come l’amore, il tradimento, la gelosia e l’amicizia. L’amicizia, in questo caso, messa alla prova da un triangolo amoroso che coinvolge due dei nostri protagonisti e una giovane donna molto carina. La stessa che ha già interpretato Chiara, e che altro non è che Marina Massironi, ex compagna di cabaret ma soprattutto ex moglie di Giacomo.
Qualche anno dopo, Aldo, Giovanni e Giacomo hanno provato a uscire dalla loro tradizionale zona di conforto mettendosi alla prova in un film in costume. Ambientato nel mondo della mafia italoamericana degli anni Venti. Il film si chiama La leggenda di Al, John e Jack ed è la prima volta in cui li vediamo davvero un po’ trasformati.
Innanzitutto perché parlano tutti e tre con un accento siciliano molto marcato e poi perché escono dai loro personaggi standard. Giacomo, che di solito è timido e intellettuale, qui è Jack, un uomo autodistruttivo, alcolizzato e tossicodipendente. Giovanni, ovvero John, è un po’ cinico ma in fondo vuole solo fare le cose bene. Al, infine, è spavaldo e sicuro di sé, anche se a volte è il solito pasticcione.
Si tratta di un film leggero, senza pretese, come del resto tutti quelli del trio. Aldo, Giovanni e Giacomo non hanno mai voluto essere grandi profeti del loro tempo.
Hanno portato in scena quello che sapevano fare meglio, hanno interpretato sempre sé stessi o una versione accentuata di sé stessi e questo li ha portati al successo.
Cosa c’è nei loro film ad averli resi così di culto? Perché in Italia ricordiamo con facilità molte delle loro battute e scene?
Probabilmente perché, nel mercato delle commedie popolari, hanno scelto di essere il più universali possibili. Senza volgarità o ammiccamenti sessuali, ma anche senza riferimenti troppo colti e raffinati.
Hanno scelto la semplicità e la familiarità con le persone, forse proprio perché da sempre hanno avuto il polso del pubblico. Non c’è peggior incubo, per chi fa cabaret, di non sapere entrare in sintonia con la sala e causare silenzi imbarazzati.
Non è proprio il loro caso, non è il caso di Aldo, Giovanni e Giacomo. Tre uomini semplici, tre personaggi quasi sempre uguali, che hanno fatto ridere e affezionare tutta Italia con la loro normalità.
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