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#70 – La seconda guerra mondiale dell’Italia

Trascrizione dal podcast Salvatore racconta, episodio pubblicato il 9 luglio 2022.

Distribuito con licenza Creative Commons CC-BY 4.0 non commerciale.

Per ascoltarlo, clicca qui.

La II guerra mondiale dell'Italia - Salvatore racconta - Podcast in italiano per stranieri

 

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Quanto ci può mettere un popolo a cambiare carattere?

Dipende da cosa intendiamo per popolo, da cosa intendiamo, per cambiare e da cosa intendiamo per carattere.

Siamo qui per studiare italiano e quindi ci viene naturale dire ‘gli italiani’ come un concetto universale.

Ma ovviamente gli italiani non sono tutti uguali tra loro. E non sono uguali a quelli di tanti anni fa.

L’Italia è cambiata molto nel tempo. In particolare, tra il 1939 e il 1945. Cioè, tra l’anno in cui è iniziata e l’anno in cui è finita la seconda guerra mondiale.

In mezzo, un periodo di tempo breve.

Eppure, quei sei anni hanno cambiato gli italiani.

All’inizio della guerra, avevano un re, e non avrebbero mai immaginato di avere una repubblica.

E alla fine della guerra l’idea di avere un re, e soprattutto quel re, sembrava inimmaginabile.

All’inizio della guerra, c’erano personaggi trattati come eroi e simboli considerati sacri.

E alla fine della guerra quegli stessi personaggi vengono trattati da traditori e quei simboli come cose di cui vergognarsi.

All’inizio della guerra, sembrava che essere italiani fosse un grido di battaglia per imporre le proprie idee, la propria cultura e il proprio ruolo nel mondo.

E alla fine della guerra, sembrava che essere italiani fosse voler vivere tranquilli, lavorare duro e andare in chiesa la domenica. Senza fare troppo rumore.

Naturalmente, tutte queste cose riguardavano la maggioranza delle persone. E la maggioranza non vuole mai dire tutte le persone.

Nonostante ciò, è interessante parlare di quello che è successo in mezzo a questi cambiamenti. E cosa li ha causati.

I traumi di una guerra non si possono ignorare, ma si devono affrontare.

E oggi lo facciamo con la seconda guerra mondiale dell’Italia.

Quando scoppia la seconda guerra mondiale, con l’invasione nazista della Polonia nel settembre del 1939, l’Italia è sotto una dittatura fascista.

Il re Vittorio Emanuele III formalmente è in carica, ma tutto il potere è nelle mani del partito fascista e del suo principale dirigente, Benito Mussolini.

Quando comincia la guerra, Mussolini governa l’Italia da circa tredici anni. Un periodo in cui ha represso ogni opposizione e in cui ha costruito una retorica, secondo la quale l’Italia ha il diritto e anche il dovere di dominare sul mediterraneo. Come faceva l’antico impero romano.

È un’idea che in Italia piace a molti. Soprattutto a quelli a cui non è andata giù la fine della prima guerra mondiale. Quando l’Italia era tra i Paesi vincitori, ma ha ottenuto pochi degli obiettivi che aveva all’inizio. E si era ritrovata alla fine più povera, più arrabbiata e più affamata.

Mussolini ha saputo cavalcare questi sentimenti negativi per prendere il potere. E ora ha la possibilità di mantenere le promesse di gloria di cui ha parlato tanto.

A iniziare la guerra è stata la Germania nazista di Adolf Hitler, di cui l’Italia è una grande alleata. Perché, nonostante alcune differenze, fascismo e nazismo sono due facce della stessa medaglia. E hanno idee simili sulla guerra.

L’Italia però non partecipa subito. Mussolini prima vuole tastare il terreno. Nonostante i fiumi di retorica sulla potenza economica e militare dell’Italia, i dirigenti fascisti sanno bene che l’esercito cade a pezzi e l’economia non è in grado di sostenerlo. Dunque all’inizio, l’Italia resta a guardare.

Quando poi sembra evidente a tutti che Hitler ha le carte in regola per conquistare l’Europa, Mussolini decide che è il momento di muoversi. È necessario combattere per ottenere nuovi territori quando tutto sarà finito. Sembra che lo stesso Mussolini abbia detto con cinismo: “ho solo bisogno di alcune migliaia di morti per sedermi al tavolo della pace”.

È così che, il 10 giugno del 1940, l’Italia entra in guerra a fianco della Germania nazista.

 

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Quali sono gli obiettivi bellici dell’Italia? L’obiettivo minimo è annettere l’Istria e la Dalmazia, obiettivi già durante la prima guerra mondiale, e al momento appartenenti alla Jugoslavia.

E poi c’è l’obiettivo di andare a fondo nei Balcani e arrivare fino in Grecia, conquistare Atene e le isole che per secoli sono state colonie veneziane.

Infine, naturalmente, allargare la presenza italiana in Africa. Se hai ascoltato l’episodio 50, saprai che già allora l’Italia controllava i territori delle attuali Libia, Etiopia, Eritrea e Somalia. Entrare in guerra era un modo per strappare altre terre alle rivali, come per esempio le attuali Algeria e Tunisia, all’epoca controllate dalla Francia.

La guerra italiana inizia proprio contro la Francia. Non in Africa, ma sulle Alpi.

Mussolini decide di cominciare con i piedi di piombo perché è consapevole dello stato dell’esercito, anche se poi i giornali italiani scrivono titoli pieni di retorica parlando di vittorie incredibili.

Quando la Francia, infine, si arrende, Mussolini prende coraggio e decide di programmare azioni militari italiane autonome nei Balcani, in Nord Africa e in Grecia.

Pensa che ora avrà la strada spianata. In realtà, si sbaglia di grosso.

Perché in Africa i francesi ormai sono caduti, ma i britannici danno filo da torcere alle ambizioni italiane. Mentre nei Balcani e in Grecia, la resistenza locale è forte e non si riesce ad avanzare. Più volte, Hitler è costretto a mandare truppe tedesche a salvare la pelle ai suoi alleati.

Si arriva al punto che in Germania si chiedono se hanno fatto davvero bene ad allearsi con l’Italia. Ma ci sono cose più importanti a cui pensare, come per esempio l’inizio dell’attacco all’Unione Sovietica. A cui partecipa anche l’Italia. Perché Mussolini è di nuovo convinto che la vittoria sia a un passo e che l’Italia debba esserci quando arriverà quel momento.

E in Italia nel frattempo che succede? Le persone convinte che il fascismo sia una catastrofe sono sempre di più e provano a organizzarsi clandestinamente. Certo, Mussolini e i suoi sono saldi al comando, ma qualcosa inizia a scricchiolare.

Soprattutto perché diventa evidente che la guerra sta andando male. Sono arrivati gli americani adesso e, insieme ai britannici, sono riusciti a riconquistare il nord Africa. Questo vuol dire che sono a un passo dalla Sicilia.

E alla fine succede l’inevitabile. Il 10 luglio del 1943, mentre migliaia di soldati italiani sono dispersi chissà dove in Russia, le truppe angloamericane sbarcano in Sicilia e iniziano l’invasione dell’Italia.

Nei mesi successivi, le prime bombe americane cadono sulle città. Napoli, Foggia, Roma.

Gli italiani, che fino a quel momento non avevano visto la guerra in casa, cominciano ad avere paura. Molta paura.

Il re Vittorio Emanuele III, che fino a quel momento è stato praticamente un fantoccio nelle mani di Mussolini, infine decide di prendere la situazione in mano e mette il dittatore spalle al muro.

Lo costringe alle dimissioni da capo del governo, lo fa arrestare e trasportare in una prigione in mezzo alle montagne.

Il nuovo capo del governo sarà il maresciallo Pietro Badoglio. Che ha il compito di arrendersi agli angloamericani e uscire dalla guerra. Lo fa con un proclama ufficiale che viene annunciato l’8 settembre del 1943.

Da lì, comincia letteralmente un’altra storia.

Con il proclama dell’8 settembre, l’Italia è ufficialmente uscita dalla guerra. Questo fa sì che gli angloamericani a sud avanzano facilmente perché l’esercito italiano si è arreso.

Come reagiscono invece i tedeschi? Sono furiosi, si sentono traditi dagli alleati e decidono di vendicarsi.

Il re e il governo capiscono che ci saranno problemi e il 9 settembre si trasferiscono in fretta e furia a Brindisi, in Puglia.

Nel resto d’Italia, in dieci giorni, i soldati tedeschi entrano come un coltello nel burro. L’esercito italiano non sa come reagire, nessuno dà ordini, nessuno sa cosa fare. Sono nemici? Sono alleati? Chi sono questi tedeschi?

Fatto sta che all’improvviso, tutta l’Italia centro-settentrionale è occupata dai tedeschi e quella meridionale è libera, in teoria, controllata dagli americani ma con il re e il governo legittimi.

La guerra non è ancora finita. Anzi, in un certo senso, in Italia è appena iniziata.

Perché per la prima volta davvero l’Italia è occupata. Dalle Alpi fino a Roma, da un esercito straniero. Il fatto che fino a poco tempo prima i tedeschi fossero alleati non è una consolazione, anzi. Rende il clima ancora più teso.

Nel frattempo, in un’azione degna di un film di James Bond, un gruppo di paracadutisti tedeschi arriva a liberare Mussolini. Hitler non è certo contento di lui, ma ne ha ancora bisogno.

Affida al suo vecchio alleato italiano il compito di costituire uno Stato nell’Italia centro-settentrionale occupata. Uno Stato collaborazionista, de facto espressione tedesca, per gestire il territorio e resistere agli americani da Sud. È la Repubblica Sociale Italiana, nota come Rsi o Repubblica di Salò, dal nome della città lombarda che diventa sede del governo.

Ricapitolando, a Sud c’è il regno d’Italia legittimo, con il re, il governo e i soldati americani che si preparano a continuare l’avanzata verso Roma. Al centro-nord c’è uno Stato-fantoccio creato da Hitler e gestito da Mussolini che governa il territorio per resistere ai nemici.

E gli italiani nel frattempo?

Sicuramente sono confusi. Al centro-nord, in particolare, devono prendere delle decisioni e scegliere da che parte stare.

La fine del fascismo ha colto tutti impreparati. Chi ci credeva, chi lo disprezzava, chi era abbastanza indifferente. Tutti sono sorpresi da quello che è successo.

Quelli che erano convinti sostenitori di Mussolini continuano a esserlo. Sono furiosi con il re e accettano di buon grado la nuova Repubblica Sociale Italiana, per la quale sono pronti a combattere.

Gli antifascisti invece, che per anni sono rimasti nell’ombra, prendono coraggio e si organizzano. Nasce la resistenza partigiana.

A prendere l’iniziativa sono i dirigenti dei partiti antifascisti rimasti clandestini per tutti quegli anni. In particolare, quelli del partito comunista italiano, quello più organizzato sul territorio, ma anche i cattolici, i socialisti e i liberali. Tutti insieme, nonostante le divergenze, contro un nemico unico: il fascismo.

È una vera e propria guerra civile, perché la resistenza in fondo combatte contro altri italiani, quelli che hanno creduto al fascismo e sono diventati repubblichini, ma è anche una guerra dura contro i nazisti che ormai non fanno sconti.

Gli ebrei italiani, che già avevano i loro seri problemi sotto il fascismo, ora sono in guai molto seri. I soldati tedeschi li cercano casa per casa per deportarli verso i campi di concentramento e di sterminio.

Inoltre, i tedeschi sono particolarmente vendicativi. A ogni azione compiuta dai partigiani contro di loro, rispondono con feroci azioni di rappresaglia.

Passano due anni durante i quali al centronord si combatte la guerriglia, gli angloamericani, e i loro alleati, procedono lentamente verso nord.

Nel 1944, alla fine della sanguinosissima battaglia di Montecassino, gli alleati riescono a superare le linee tedesche e a procedere verso nord. Nel frattempo, la Germania sta cedendo da tutti i lati.

Nei primi mesi del 1945, inizia la liberazione dell’Italia, città dopo città. Il 25 aprile di quell’anno, quando ormai è chiaro che i tedeschi e i repubblichini hanno perso, una radio libera di Milano manda in onda il proclama che ordina a tutti i nazifascisti rimasti di arrendersi.

Quattro giorni dopo, il 29 aprile, arriva l’annuncio ufficiale. La Germania nazista e la Repubblica di Salò si arrendono. La guerra è finalmente finita.

Esattamente un giorno prima, il 28 aprile, un gruppo di partigiani ha scoperto Mussolini che provava a scappare in Svizzera travestito da soldato tedesco, e lo ha fucilato. Il suo corpo è poi stato sullo sfondo di una Milano in macerie.

Come del resto, in macerie c’è tutta l’Italia. La guerra partigiana al nord e l’avanzata americana al sud hanno portato alla distruzione di strade, infrastrutture, fabbriche.

Tutto, letteralmente tutto, è da ricostruire. Non solo i palazzi, ma anche l’identità della nazione.

Cosa vogliono essere adesso gli italiani? Come farà un popolo indottrinato di fascismo per vent’anni a ritrovarsi ora antifascista?

E che ne sarà del re d’Italia? Quello che prima ha dato via libera al fascismo, poi lo ha fatto cadere, e infine è scappato dalla capitale lasciandola ai nemici?

E infine, nel mondo che si sta per dividere in sfere d’influenza, con chi starà l’Italia?

La penisola è piena di soldati americani, ma c’è anche un forte partito comunista che guarda con favore all’Unione Sovietica.

Che succederà?

È una storia interessante, di cui parleremo un’altra volta.

 

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