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#68 – 10 cose che non sai di Milano

Trascrizione dal podcast Salvatore racconta, episodio pubblicato il 25 giugno 2022.

Distribuito con licenza Creative Commons CC-BY 4.0 non commerciale.

Per ascoltarlo, clicca qui.

10 cose che non sai di Milano - Salvatore racconta Podcast in italiano per stranieri

 

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Quali sono le prime cose che ti vengono in mente quando pensi a Milano? Il Duomo, la Galleria, le boutique costose, la Scala, la gente che va di fretta.

Magari anche le banche, l’aperitivo, una città elegante che va sempre a grande velocità.

Milano negli ultimi anni ha costruito la sua identità su alcuni temi precisi. Soprattutto dandosi un’immagine di modernità, brillantezza e velocità.

Qualcuno dice che va bene, che finalmente è così.

Altri sono un po’ nostalgici della vecchia Milano, con le sue imperfezioni, ma semplice e genuina.

La verità è che nessuno può decidere a tavolino l’identità di una città, tanto più di una città così grande e piena di gente sempre nuova, che ha le sue idee su quello che vuole fare e cosa vuole mostrare di sé.

Da un lato, Milano è la città che corre verso la modernità. Quella dove ha aperto il primo Starbucks d’Italia, dove è più facile che altrove trovare persone che parlano un ottimo inglese, o dove -a detta di chi l’ha provato- si mangia uno dei migliori sushi di tutta Europa.

Dall’altro lato, Milano è la città dei residenti di lungo corso, affezionati ai loro riti, ai loro simboli, a una semplicità un po’ scomparsa, ai cognomi sui citofoni che non sono difficili da pronunciare e ai piccoli piaceri di una volta.

In mezzo a tutto questo, tanta altra gente. Chi è di passaggio, chi arriva per restare, chi pensa di rimanere solo per un po’ e alla fine mette radici.

Provo a raccontarti oggi dieci cose di Milano che fanno parte della sua identità. Passata, presente e magari anche futura. 10 cose che probabilmente non conosci ancora.

Partiamo?

Luogo numero 1 – Porta Romana

Fino a non molto tempo fa, Milano era piuttosto piccola. Chiusa dalle sue mura e dalle sue porte. Tra cui Porta Romana, che c’è ancora oggi. Sembra ironico un riferimento a Roma, proprio nel cuore di Milano. In realtà è un riferimento piuttosto semplice. Da qui, partiva la strada che portava a Roma. Oggi in zona c’è un quartiere abitato perlopiù da professionisti e studenti in affitto. Ma quello che ci interessa in particolare è un muro.

Lo riconoscerete facilmente perché, accanto alle finestre, spicca una vista insolita. Una palla di cannone. Gli ascoltatori di lungo corso di Salvatore racconta forse ricordano le cinque giornate di Milano, la rivolta del 1848 dei milanesi contro gli occupanti austriaci. Ai cittadini che tiravano sassi e olio bollente dalle finestre, i soldati austriaci rispondevano a cannonate. E il segno di una di quelle è lì ancora oggi. A ricordare una rivolta dura, finita male ma che poi ha dato inizio all’Unità d’Italia.

È interessante anche la storia del palazzo colpito che, due secoli prima delle Cinque giornate, era la casa del marchese Ludovico Acerbi. Uomo che amava gozzovigliare, ovvero organizzare grandi feste piene di cibo e vino. Che c’è di strano? Che nel 1630, quando lui abitava a Milano, in città c’era un’epidemia di peste. E mentre per le strade, le persone morivano a centinaia, lui continuava a stare bene e a fare feste. I milanesi dicevano che quel Ludovico Acerbi era sicuramente amico del diavolo…

Simbolo numero 1 – i piatti di Milano

Devo ammettere una cosa. Quando le persone mi dicono che sono state a Milano e hanno mangiato la pizza, mi viene un po’ di dispiacere. Ovviamente non c’è niente di male, a Milano ci sono pizzerie strepitose, ma il fatto è che la cucina di Milano ha tanto da offrire. A partire dal classico risotto alla milanese, preparato con lo zafferano e quindi dal colore e dal profumo inconfondibili. Questo risotto si accompagna spesso all’ossobuco. Un pezzo di carne bovina con dentro l’osso che rilascia in cottura il suo interno – il midollo – dando all’insieme un gusto molto particolare.

Sembra un po’ in controtendenza con la cucina dei locali più raffinati di Milano, ma forse è proprio questo il suo fascino. Lo stesso vale anche per la cotoletta alla milanese. Una costoletta di vitello, tradizionalmente con l’osso, impanata e fritta. Per i milanesi, è un fiore all’occhiello, ma l’origine del piatto è molto discussa. Non sono pochi i critici e gli storici che sostengono che sia semplicemente una variante locale dell’austriaca wienerschnitzel.

Una cosa su cui i milanesi non accettano discussioni è la michetta. Cos’è? Un panino a forma di rosa, croccante e dentro completamente vuoto. Inventato tre secoli fa dai panettieri milanesi per trovare un pane che non diventasse subito duro e gommoso. Per la sua crosta croccante e l’interno vuoto, è perfetta da imbottire con una bella fetta di salame. Salame Milano, naturalmente!

 

Luogo numero 2 – Piazzale Loreto

Loreto – prossima fermata Loreto. Chi tra voi è stato a Milano ha sentito queste parole sicuramente moltissime volte, dalla voce un po’ metallica dell’annunciatrice della metro. Perché a Piazzale Loreto c’è una fermata importante della metropolitana milanese.

Di Piazzale Loreto bisogna sapere che ha ospitato due eventi legati agli ultimi anni della seconda guerra mondiale. All’epoca, Milano, come tutto il centro-nord Italia, era occupata dalla Germania nazista e dai collaborazionisti fascisti della Repubblica di Salò guidata da Mussolini. A contrastarli, le squadre di partigiani della resistenza, una vera spina nel fianco per il regime.

Il 10 agosto del 1944, i soldati nazifascisti che controllano Milano fucilano proprio su piazzale Loreto quindici partigiani. E poi lasciano lì i loro corpi. È vietato avvicinarsi, ma tutti devono vederli. E avere paura.

Ma Milano aspetta. Sa che la vendetta va servita fredda. Pochi mesi dopo, il 28 aprile del 1945, quando ormai l’Italia è stata liberata, Mussolini viene catturato mentre provava a scappare in Svizzera e viene giustiziato.

Dopo la cattura, il corpo del dittatore e quelli dei suoi principali collaboratori vengono portati a Milano e vengono esposti, impiccati a testa in giù, proprio a Piazzale Loreto. Perché Milano non dimentica.

 

Simbolo numero 2 – la Milano da bere

In Italia è molto forte la tradizione di finire il pasto con un amaro. Ovvero, un liquore a base di erbe che aiuta la digestione. Tra i più famosi sul mercato c’è l’Amaro Ramazzotti. Se te lo stai chiedendo: no, non ha niente a che fare con Eros.

È un amaro prodotto a Milano da più di due secoli ed è un vero simbolo di milanesità.

Negli anni ’80, la pubblicità dell’Amaro Ramazzotti si identifica totalmente con la città. Dice che Milano è una città da vivere, da sognare, da godere. Una Milano da bere.

Secondo molti, quello spot rispecchiavava perfettamente la Milano degli anni ’80, una città dinamica, all’avanguardia, ambiziosa e che amava godersi la vita. Tutte cose vere, ma gli scheletri nell’armadio di quella Milano erano tanti. Il cinismo, l’arrivismo, gente che per soldi e potere avrebbe fatto di tutto.

E infatti, alla fine degli anni ’80, scoppia un enorme scandalo di corruzione che parte proprio da Milano. E quell’espressione, Milano da bere, assume un altro significato. Il simbolo di persone assetate di potere, pronte a bere Milano. Per fortuna, questa storia appartiene al passato, almeno in parte. E l’Amaro Ramazzotti si può ancora bere con un certo piacere.

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Luogo numero 3 – Piazza Fontana

Ancora una piazza, e ancora un pezzo di storia nel cuore di Milano. Piazza Fontana è lì, in centro, a due passi dal Duomo. SI chiama così perché ospita una grande fontana, una delle più antiche di Milano. Su uno dei suoi lati c’è il grosso edificio della Banca Nazionale dell’Agricoltura. Un posto tristemente famoso nella storia italiana, perché il 12 dicembre del 1969, qualcuno è entrato lì con una valigetta piena di esplosivo, l’ha lasciata nella sala principale piena di gente e poi è uscito. 17 morti e 88 feriti.

Per anni, questa storia è stata avvolta dal mistero. All’inizio, polizia e giornali hanno dato la colpa agli anarchici, ma poi è venuto fuori che i responsabili erano terroristi di un gruppo radicale di estrema destra. Quella di Piazza Fontana è stata la prima, ma purtroppo non l’ultima, bomba neofascista in Italia in quegli anni. Ne riparleremo. Di sicuro per Milano questa è una ferita aperta, un giorno di dolore per tante famiglie e di terrore per tutta la città.

 

Simbolo numero 3 – Milan e Inter

Milan e Inter esistono da poco più di cento anni, eppure sembrano essere a Milano da sempre. Hanno fatto la storia del calcio in città, in Italia e in tutta Europa.

Milan e Inter ancora oggi, e forse ancora per poco, si dividono lo stadio Giuseppe Meazza, nel quartiere di San Siro, chiamato dagli appassionati „la scala del calcio”. Forse gli interisti lo amano un po’ di più visto che porta il nome di Giuseppe Meazza, storico campione nerazzurro, e perché il grande cantante interista Roberto Vecchioni ha scritto una famosa canzone dal titolo Luci a San Siro.

Negli sfottò reciproci tra tifosi, i milanisti chiamano i cugini dell’Inter „bauscia”, con una parola dialettale che indica il milanese borghese e arrogante degli stereotipi, dovuto al fatto che storicamente la tifoseria interista era di estrazione sociale medio-alta. Gli interisti rispondono chiamando i cugini del Milan „casciavit”, ovvero cacciavite, usata per denigrare i tifosi milanisti di un tempo, quasi tutti di origine proletaria. Oggi queste divisioni sociali sono molto sfumate, quasi inesistenti, ma i nomi sono rimasti. E a volte usati anche con orgoglio.

 

Luogo 4 – Brera, capitale dell’arte.

Se Parigi ha Montmartre, Milano risponde con Brera. Questo quartiere pulsa di creatività e arte. E non a caso, perché il palazzo Brera oggi ospita la splendida Pinacoteca di Brera, con una delle collezioni di pittura più ricche d’Italia.

Sempre nella stessa sede c’è anche l’Accademia di Brera, quella da cui sono passati alcuni tra i più grandi artisti italiani recenti. Compresi due abbastanza controversi: Lucio Fontana e Piero Manzoni. Quest’ultimo, famoso per un’opera che consiste nell’avere inscatolato ed etichettato… Beh, non ve lo dico cosa ci ha messo. Cercatelo da soli!

Anche se pennello e tela non fanno per te, un giro a Brera vale sempre la pena, perché il quartiere è anche ricco di locali dove sedersi a bere e mangiare, e in generale per le strade della zona si respira creatività a ogni passo.

 

Simbolo 4 – Oh bej oh bej

C’è un giorno in cui Milano è più milanese che mai, ed è il 7 dicembre, il giorno di Sant’Ambrogio, patrono della città. Quel giorno, anche i milanesi più fissati con il lavoro si fermano, per fare una passeggiata in centro e soprattutto per godersi i mercatini di Natale, quelli che qui si chiamano gli Oh bej oh bej.

Suona esotico? È dialetto milanese. In questo caso specifico, oh bej oh bej significa semplicemente “oh belli!”, l’urlo di emozione dei bambini di fronte ai regali.

A quali regali in particolare? C’è una storia che ne parla. Risale al 1510, quando un uomo è arrivato a Milano da Roma, mandato dal Papa in missione, e si è presentato proprio il 7 dicembre, giorno di Sant’Ambrogio, pieno di doni per i bambini milanesi.

Oggi gli oh bej oh bej sono più moderni, ma conservano lo spirito di una volta. Di gioia semplice e sincera, dolciumi e giocattoli.

 

Luogo 5 – Baggio

In tutta Italia, Baggio è il cognome di un grande calciatore che ha fatto sognare gli italiani. A Milano, è anche qualcosa in più. Baggio è un quartiere di periferia, dire la verità, fino a cent’anni fa qua non era ancora nemmeno Milano.

Baggio è famosa in particolare per le sue curiose maioliche colorate, appese ai muri delle strade principali del quartiere e che ne raccontano un po’ la storia. La più nota di queste storie è quella dell’organo di Baggio.

Se avete amici o amiche milanesi, potrebbero avervi raccontato del modo di dire locale “vai a suonare l’organo a Baggio”. Ovviamente andrebbe detto in dialetto, ma io non ci provo nemmeno! È un modo un po’ all’antica con cui i milanesi dicono a qualcuno di andare… beh, sì, insomma, di andare via e non disturbarli, ecco. Deriva da una leggenda che racconta di quando, alla ristrutturazione della chiesa di Baggio, mancavano i soldi per comprare l’organo e così per l’inaugurazione hanno deciso di… dipingerlo sul muro. Diciamo che per suonarlo ci vorrebbe un po’ di fantasia!

 

Simbolo 5 – la 90

Una delle differenze antropologiche più evidenti tra Roma e Milano passa dal genere dei mezzi pubblici. A Roma, usano l’articolo maschile. Devi andare a San Pietro? Prendi il 64. Vuoi vedere tutta la città? Devi prendere il 19.

A Milano, invece, autobus e tram sono rigorosamente femminili. E uno. Pardon, una, di loro è davvero un simbolo cittadino.

Sto parlando della 90, il filobus che tutti e tutte hanno preso almeno una volta nella vita.

Perché la 90 è la linea che percorre tutta la tangenziale di Milano, giorno e notte. Ci sono molte storie sulla 90, alcune parlano di degrado, criminalità, incontri sgradevoli e personaggi pittoreschi.

È difficile filtrare la verità dalle leggende metropolitane. Una cosa però è certa. Le grandi città esistono grazie alla loro rete di trasporto pubblico. Senza quella, non potrebbero esistere. Almeno non come le conosciamo oggi. E quindi non ci potrebbe essere Milano senza la 90.

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