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#59 – Mina, la voce dell’Italia

Trascrizione dal podcast Salvatore racconta, episodio pubblicato il 23 aprile 2022.

Distribuito con licenza Creative Commons CC-BY 4.0 non commerciale.

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Mina Salvatore racconta Podcast in italiano per stranieri

 

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Toscana. Per la precisione, Versilia. La fascia di territorio che si affaccia direttamente sul mar Tirreno. Dove, una dopo l’altra, sorgono cittadine famose per il loro spirito vacanziero. Ieri come oggi.

Viareggio, Forte dei Marmi, Marina di Massa. E lì in mezzo, Marina di Pietrasanta.

La nostra storia di oggi comincia da lì.

E da un locale che si chiama La Bussola.

Nel 1958, La Bussola è un locale giovane, è aperto da appena tre anni. Ci passano la sera le famiglie in vacanza. Dopo un giorno passato in spiaggia, per bere qualcosa e ascoltare un po’ di musica.

Una di quelle sere, dopo l’esibizione di un’orchestrina jazz dai ritmi cubani, una ragazza sale sul palco e prende il microfono. È uno scherzo, una scommessa persa con i suoi amici.

La ragazza ha 18 anni, è magra e spilungona, con il microfono in mano all’inizio si sente impacciata. Però poi inizia a cantare.

E lo fa con una naturalezza, con una serenità, che hanno dell’incredibile.

Quella ragazza sembra nata per quello. Sembra nata per cantare.

E in effetti è proprio così.

Su quel palco estivo, di fronte a un pubblico distratto di borghesi in vacanza, con i capelli ancora pieni di sale dopo l’ultimo bagno, si è appena esibita la donna che diventerà presto la più famosa e amata cantante italiana di tutti i tempi.

Con quel suo carattere allo stesso tempo timido e sfacciato, con un rapporto con il palco e il microfono fatto di amore e odio, e con una storia personale che si intreccia a doppio filo con la storia italiana, questa ragazza venderà milioni di dischi, canterà di fronte a migliaia di persone, inciderà alcuni dei brani più famosi di sempre della canzone italiana. Per poi, un giorno, dire a tutti: grazie e arrivederci. E chiudersi in un’ombra discreta che dura ancora oggi.

Questa donna, all’ufficio anagrafe, si chiama Anna Maria Mazzini. Ma tutti e tutte in Italia la conoscono con il suo nome d’arte.

Una voce eterna, un volto misterioso, è Mina.

Per chi vive o ha vissuto in Italia, c’è una canzone di Mina praticamente per ogni momento della vita. Ricordi legati all’infanzia, a momenti belli, brutti, medi. Perché Mina ha dominato lo spazio della canzone italiana per almeno vent’anni e ha lasciato tracce che durano ancora oggi.

Lo ha fatto grazie al suo strumento musicale privilegiato: la voce. Una voce potente, flessuosa, abile a raggiungere con facilità le note più alte e anche quelle più basse. Dotata di un timbro caldo, capace di avvolgere le parole e trasformarle in emozioni.

Un dono di natura, insomma, ma che sarebbe rimasto sprecato se Mina non lo avesse esercitato e perfezionato con una lunga e paziente pratica.

Da bambina, Mina probabilmente non ci pensava a una carriera del genere. Da quel poco che sappiamo della sua infanzia, cantare le piaceva, un po’ per gioco, e la nonna aveva provato a insegnarle a suonare il pianoforte, ma era stato un buco nell’acqua. Perché Mina, già allora, era capricciosa e un po’ ribelle.

Proprio come quando, a 18 anni, sale sul palco della Bussola e inizia a cantare come abbiamo raccontato. Sembra una marachella isolata, che i genitori di Mina non prendono bene, ma in realtà è l’inizio di una storia più grande.

I genitori di Mina, già. Che ne pensano? Sono esponenti della piccola borghesia padana. Gente per bene, che crede nel lavoro e nella discrezione. Una figlia cantante non è proprio nei loro piani, anzi.

Mina però comincia a convincersi di essere brava. E non è la sola a pensarlo. In quel periodo, nella sua zona, in provincia di Cremona, c’è un gruppo di musica popolare che suona quasi ogni sera nelle balere dei vari paesi. Si chiamano Happy Boys. Mina li contatta e ottiene una specie di provino. Canta per loro e dimostra di essere veramente brava. La prendono nel gruppo a occhi chiusi.

Il 23 settembre del ’58, Mina fa il suo vero esordio come cantante. Indossa un vestito da cocktail blu che ha preso di nascosto dall’armadio della madre. È alta e magra, forse sul palco appare un po’ goffa. Ma canta bene. Anzi, benone! Il pubblico della balera, entusiasta, le chiede anche un bis. Ma finito di cantare, come una specie di Cenerentola moderna, scappa via in gran silenzio per tornare a casa, mettersi a letto e fare finta di non essere mai uscita.

Perché Mina ha 18 anni. Nell’Italia dell’epoca è ancora minorenne. E poi è una ragazza. Ci si aspetta da lei che sia rispettosa ed educata, e che faccia quello che i suoi genitori ritengono meglio per lei.

I genitori continuano a non essere contenti all’idea che la loro figlia faccia la cantante. Il padre però cerca un compromesso. Decide di dare corda alla figlia, sicuro che quella passione sia una cosa passeggera, una ragazzata, un momento per sfogarsi un po’ prima di dedicarsi alle cose davvero importanti.

Solo che il talento di Mina è una cosa davvero importante. Il suo gruppo, gli Happy Boys, convince un discografico a partecipare a un loro concerto. Vieni a sentirla cantare, gli dicono, resterai a bocca aperta.

Lui al concerto ci va, un po’ scettico forse, ma poi resta davvero a bocca aperta dopo l’esibizione. Quella ragazzina ha una gran bella voce, una voce buona per farci dei dischi. Così la invita a incidere quattro canzoni. Due con il suo vero nome, Mina. Altre due con uno pseudonimo inventato lì per lì: Baby Gate.

Il discografico la sa lunga: Mina può diventare una gallina dalle uova d’oro, quindi vale la pena iniziare da subito con un po’ di marketing per capire quale delle due versioni della cantante può andare meglio.

Nel frattempo, Mina e gli Happy Boys ricevono la proposta di partecipare a una tournée in Turchia. Stavolta però il padre di Mina si mette di traverso. Ha detto di sì quando si trattava di cantare nei locali, ma una tournée no. Mina deve restare in Italia, per studiare e finire la scuola.

Poco male. Nel frattempo, i due dischi incisi da Mina, con due canzoni ciascuno, vendono insieme oltre 200.000 copie. È un segno chiaro: questa ragazza è pronta a dominare la scena musicale italiana.

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Sembra proprio che Mina sia la donna giusta al momento giusto. Con la sua voce potente, entra negli anni Sessanta, quelli in cui in Italia sta diventando sempre più popolare il rock’n’roll. In quel periodo escono alcune delle canzoni più famose di Mina. Canzoni divertenti e sbarazzine. Per esempio, Tintarella di luna, un brano dall’irresistibile ritmo rockabilly che parla di una ragazza che invece di abbronzarsi al sole preferisce diventare sempre più bianca alla luce della luna.

Oppure la canzone con cui Mina partecipa a Sanremo nel 1961, Le mille bolle blu, un brano divertente e virtuosistico che secondo i giornalisti e gli esperti è pronto per la vittoria finale. Invece Mina arriva soltanto quinta e accetta l’esito con amarezza e orgoglio. Non tornerà più a Sanremo. Mai più.

Non ha certo bisogno di Sanremo, Mina, per esprimersi artisticamente. Vittoria o no, lei ha già spiccato il volo. Incide molti singoli che vengono venduti anche all’estero e, soprattutto, inizia la collaborazione con la Rai. All’interno di uno storico programma della tv pubblica italiana. Studio Uno.

In quel periodo, Mina conosce Corrado Pani. Un attore belloccio e un po’ guascone, di cui la giovane cantante si innamora perdutamente. Da quella relazione, nascerà un figlio, Massimiliano.

Non ci sarebbe niente di male se non fosse che Corrado Pani è un uomo sposato. Nell’Italia di quegli anni, la notizia è un vero e proprio scandalo. La RAI straccia il contratto della partecipazione di Mina a Studio Uno, giornali e riviste la criticano e la attaccano. Per l’opinione pubblica, è una sfasciafamiglie, una che ruba i mariti, una svergognata.

Il pubblico però sembra essere di un altro avviso. Mina riceve lettere di solidarietà, regali, racconta che i fan la fermano per strada per dirle di andare avanti.

Non è sola, l’Italia è con lei.

E l’Italia continua a comprare i suoi dischi, che arrivano praticamente sempre in cima alle classifiche. Tanto che, nel 1964, due anni dopo la grande cacciata i dirigenti della RAI tornano da Mina con la coda tra le gambe offrendole di tornare.

Lei è una donna orgogliosa, ma anche pratica. Così mette l’orgoglio da parte e accetta di tornare.

A Studio Uno comincia una serie in cui duetta di volta in volta con vari artisti e persone dello spettacolo, interpretando canzoni scritte apposta per lei e altre che decide di interpretare a modo suo facendole diventare più famose che in originale.

È un periodo in cui Mina prova stili sempre molto diversi. Come rivendica in una delle sue rarissime interviste, le interessa fare dischi che vendano. Il suo genere è la musica popolare, che deve piacere alle persone che comprano i dischi. Questo però non significa fare canzonette. O perlomeno, non solo. Mina alterna canzoni leggere e spensierate ad altre più profonde, dimostrando di essere artisticamente molto eclettica e capace di adattarsi alle varie situazioni e ai vari stili.

Sui palchi dei concerti e negli studi televisivi della RAI, si fa pioniera di uno stile sempre più aperto e coraggioso, degno della rivoluzione degli anni Settanta. Pettinature sempre diverse, grandi occhiali colorati, pose da diva e anche una delle prime minigonne mai viste in televisione in Italia.

Nel 1971, Mina ormai è senza alcun dubbio l’interprete più importante della canzone italiana. Con la sua voce e la sua visibilità, apre le porte a grandissimi autori e interpreti. Come due di cui abbiamo già parlato su Salvatore racconta. Lucio Battisti e Fabrizio De André.

Va anche detto però che Mina è una di bocca buona, non dice di no mai a una buona opportunità. Se da un lato si affianca ai più grandi autori della canzone italiana, non disdegna l’idea di prestare la sua voce alla pubblicità. Come quella, famosissima, della Cedrata Tassoni.

Quanto può pesare il successo? Per alcuni, sembra una cosa leggera, da portare con sé con grande facilità.

E poi c’è chi sul palco comincia a stare male. Mina è una di queste. In scena appare sempre sicura, disinvolta, sembra nata per stare lì. Sotto sotto però, qualcosa la fa stare inquieta. Più e più volte, come racconta lei stessa, è sul punto di cancellare concerti all’ultimo minuto.

Nel 1978 inizia una serie di concerti in Versilia, proprio al locale La Bussola dove tutto è cominciato quando era ancora una ragazzina. Sono concerti bellissimi, con tantissimo pubblico, una cosa che a Mina causa allo stesso tempo euforia e angoscia.

Quei concerti saranno i suoi ultimi concerti. Di sempre. Bruscamente, dopo vent’anni passati quasi interamente sotto i riflettori, Mina dice basta.

Da quel momento, le apparizioni pubbliche di Mina si contano sulle dita di una mano. Continua a cantare, a incidere dischi, ancora oggi, ma il suo volto è sparito dalla scena. Vive lontano dalle luci della ribalta, a Lugano, nella Svizzera italofona, dove si era trasferita già dopo la nascita del suo primo, controverso, figlio.

Le ultime collaborazioni di Mina non sono minimamente al livello dei suoi anni d’oro. Si riconoscono la grinta, la voce e il talento, ma manca quel sapore unico, misto di leggerezza e profondità, che aveva segnato i suoi capolavori degli anni Sessanta e Settanta.

Oggi nominare Mina in Italia è come parlare di Michelangelo o di Caravaggio. Ti sembra un’esagerazione. Forse lo è, in un certo senso, ma davvero non c’è nessuno che non sappia indicare almeno una canzone di Mina. Come non c’è nessuno che non abbia visto un’opera del Rinascimento.

Mina ci appartiene perché ha saputo interpretare l’Italia del suo tempo, portandola avanti quando era indietro e poi accompagnandola dolcemente. Le sue canzoni fanno parte delle vite di tutti noi. Giovani e meno giovani.

Non esiste alcuna storia italiana che non porti dentro qualche nota cantata con la sua voce, e magari accompagnata dal suo volto sfuggente.

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