#54 – Berlusconi e il berlusconismo
Trascrizione dal podcast Salvatore racconta, episodio pubblicato il 19 marzo 2022.
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L’Italia è il Paese che amo. Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti. Qui ho imparato da mio padre e dalla vita il mio mestiere di imprenditore. Qui ho anche appreso la passione per la libertà.
Tutti in Italia hanno sentito queste parole almeno una volta. E quasi tutti sanno collocarle in un contesto preciso.
Una scrivania di legno pregiato, una libreria sullo sfondo, al centro un uomo di mezza età, un po’ stempiato, ma sorridente ed elegantissimo.
È il 1994, e quell’uomo è un imprenditore famoso. In quel momento non sono in molti in Italia ad avere un’opinione su di lui. Alla maggior parte delle persone non fa né caldo né freddo.
Non durerà per molto.
Da quel discorso, mandato in onda in televisione, cambierà tutto.
Quest’uomo spaccherà in due l’Italia. Non sarà più possibile non avere un’opinione su di lui.
Qualcuno lo amerà come un padre. Qualcun altro lo odierà come il suo peggiore nemico. Per qualcuno sarà il salvatore dell’Italia, per altri il suo distruttore.
Quest’uomo è Silvio Berlusconi e con quelle parole registrate il 26 gennaio del 1994 ha annunciato l’inizio della sua carriera politica.
Da quel momento, in Italia, nulla è stato più come prima.
Berlusconi è stato al centro della politica italiana per vent’anni.
Anni in cui il suo ruolo era talmente dominante che essere con lui o contro di lui non era solo una questione di appartenenza politica, ma una scelta antropologica.
Nel ‘94, Berlusconi ha già 58 anni. Non è certo un giovanotto. Appartiene anagraficamente alla generazione di politici che in quel momento governa l’Italia, e non è molto più giovane di quelli che hanno governato fino a poco tempo prima.
Eppure, rispetto a loro, sembra un alieno.
Perché la politica in Italia per tanti anni l’hanno fatta dei veri e propri politici di professione.
Cresciuti nelle scuole di partito e nei palazzi del potere, studiando e aspettando il proprio momento.
Berlusconi invece no. Negli stessi anni, si imbarca sulle navi da crociera come cantante.
La sua è una famiglia benestante, per lui questo primo lavoro è più un divertimento che altro. È dopo che inizia a fare sul serio.
Negli anni ’60, la borghesia milanese sta crescendo e ha esigenze nuove. A partire dalla casa. Case nuove, in quartieri moderni, con servizi, scuole, negozi, lontano dal centro affollato.
Berlusconi, dimostrando di avere l’occhio lungo, si lancia nel settore edilizio. Acquista un enorme terreno alla periferia di Milano e inizia il suo progetto.
Quello di costruire una città di sana pianta.
Con spazi verdi, piste ciclabili e un laghetto artificiale nasce Milano 2.
È il primo passo di una grande espansione. Subito dopo, Berlusconi comincia a interessarsi al mondo delle telecomunicazioni. Da qualche tempo è finito il monopolio della Rai sulle televisioni e così lui compra un canale locale, poi un altro, poi un altro ancora.
Le sue tv propongono da subito uno stile completamente diverso da quello istituzionale e ingessato della Rai. Berlusconi porta colore, pubblicità, format americani, telefilm e belle ragazze molto poco vestite.
Sembra avere capito che l’Italia timorosa e rispettosa del dopoguerra sta lasciando spazio a un’altra Italia, che vuole stare bene, divertirsi e lasciarsi alle spalle i decenni di sacrifici, paura e modestia.
Lo capisce così bene, che nel 1986 fa il passo più simbolico della sua carriera da imprenditore. Investe miliardi nella cosa che gli italiani amano di più. Persino più delle tv con le donnine ammiccanti e le serie americane. Il calcio. Quell’anno, Berlusconi diventa proprietario e presidente dell’AC Milan.
In quegli anni, insomma, Berlusconi è uno di quelli che fiuta il vento del cambiamento. Non è l’unico, però. Negli anni Ottanta, persino la vecchia e arrugginita politica italiana sembra cambiare passo.
Per la prima volta, il presidente del consiglio è un socialista. Bettino Craxi.
Il partito socialista italiano ha una storia lunga e terribilmente complicata, ma è importante capire che quello di Craxi negli anni 80 di socialista ha solo il nome. Nella realtà, è decisamente vicino a un modello di sviluppo americano, liberale e liberista.
È moderno anche nel modo di comunicare. Fa base a Milano, la città dinamica degli affari e della finanza. Non a Roma, la città della formalità e della burocrazia.
Craxi è un amico personale di Berlusconi. I due forse su alcune cose hanno idee diverse, ma condividono lo spirito. Berlusconi dà spazio alla campagna elettorale di Craxi sulle sue televisioni, e Craxi difende in parlamento il diritto di Berlusconi a a trasmettere su tutto il territorio nazionale. Insomma, è un classico do ut des che va bene a tutti.
Fino al 1992, quando la polizia di Milano arresta Mario Chiesa, un importante esponente del partito socialista, per uno scandalo legato alle tangenti. Soldi presi in cambio di favori politici.
È una notizia che fa subito scalpore. Perché si scopre che Mario Chiesa è solo la punta dell’iceberg. Lo scandalo delle tangenti travolge quasi completamente il partito socialista, ma anche gli altri partiti. Compresa la potentissima democrazia cristiana. Scoppia quella che i giornali cominciano a chiamare Tangentopoli.
In men che non si dica, la classe politica che ha governato l’Italia fino a quel momento viene cancellata.
Rimane fuori il Partito Comunista Italiano. Anche questo però è destinato a scomparire. Non per le tangenti, ma per la storia. È caduto il muro di Berlino, si è sciolta l’Unione Sovietica. Molti si chiedono se abbia senso chiamarsi ancora comunisti. E decidono di no. Dopo una fase complicata, il PCI cambia nome e diventa PDS, Partito democratico della sinistra. Sembra una cosa da niente, ma è una svolta veramente epocale.
Insomma, agli inizi degli anni Novanta, non c’è più la DC, non c’è più il PCI, non c’è più il PSI. Nella politica italiana c’è un enorme vuoto.
Berlusconi si convince che è il momento di fare l’ennesima mossa azzardata della sua carriera. Riunisce i suoi consiglieri più fidati e prepara con loro il suo ingresso in politica.
Ha molti assi nella manica per riuscire in questa missione. Soldi, contatti, televisioni, giornali.
Serve un nome, uno slogan con cui convincere gli elettori e le elettrici che vale la pena votare per lui. Un nome lontano da quelli dei vecchi partiti, il più universale possibile.
Il 18 gennaio del ’94, una settimana prima del discorso televisivo da cui abbiamo iniziato, Silvio Berlusconi fonda il suo partito: Forza Italia.
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È difficile definire davvero Forza Italia un partito. Non ha un segretario, non ha assemblee, non ha sedi nel territorio. Forza Italia ha solo un simbolo, una canzone orecchiabile e il faccione sorridente di Silvio Berlusconi.
All’inizio, non ha nemmeno un programma. Dice di volere rappresentare gli elettori moderati per evitare il rischio che la sinistra prenda il potere. Nonostante il partito comunista non si chiami più così, Berlusconi non crede che sia cambiato davvero. Continua a chiamare ‘comunisti’ i suoi avversari definendoli un pericolo per la libertà nel Paese.
Forse la sinistra non è più comunista, ma di sicuro è una spina nel fianco per Berlusconi. I parlamentari di sinistra infatti sono quelli che provano a bloccare le sue televisioni e che criticano il suo ingresso in politica come un clamoroso conflitto d’interesse.
Contro Berlusconi però non c’è gara. Lui è davvero nuovo, moderno, comunica successo. Parla direttamente agli elettori dalle sue televisioni, li tranquillizza con sorrisi convincenti, usa parole semplici, promette mari e monti. Mentre i dirigenti della sinistra ricordano il vecchio mondo politico che sta scomparendo.
Per le elezioni del 1994, Forza Italia si allea con la Lega Nord, un partito che vuole l’autonomia del nord ricco e industriale da quella che loro chiamano “Roma ladrona”. Il terzo partito della coalizione, è Alleanza Nazionale. L’erede diretto della tradizione post-fascista italiana.
Sembra una coalizione senza arte né parte, eppure vince le elezioni e Berlusconi diventa presidente del consiglio.
Quel governo però dura poco. Un po’ per l’inesperienza, un po’ perché la coalizione litiga su tutto e si scioglie come neve al sole. Nel 1996, dopo solo due anni, ci sono le elezioni anticipate.
E questa volta Berlusconi perde. Gli ex comunisti, alleati con la parte più progressista degli ex democristiani, trovano un leader comune, Romano Prodi. E con lui vincono le elezioni.
Passano cinque anni in cui il centro-sinistra al governo è debole. Gli avversari di Berlusconi hanno fatto i conti senza l’oste, pensano che il berlusconismo sia stato un momento passeggero, non riescono nemmeno a fare una legge per fermare le sue televisioni. E così, quando si torna al voto nel 2001, Forza Italia e i suoi alleati vincono di nuovo. Anzi, stravincono.
Il secondo governo Berlusconi è più solido del primo, e attua riforme controverse. Soprattutto alcune che sembrano fatte apposta per risolvere i problemi personali di Berlusconi. I giornali le chiamano Leggi ad personam. È il periodo in cui cominciano i primi scandali, i processi ed esplode il tema del conflitto d’interessi. Berlusconi possiede tre televisioni e da presidente del consiglio controlla anche la Rai.
Non è forse un po’ troppo?
Non per i berlusconiani, che in quegli anni, accettano le decisioni del loro leader senza battere ciglio.
Nel 2006 ci sono di nuovo le elezioni. Berlusconi è ancora molto forte, ma lo è anche la mezza Italia che lo detesta. A vincere le elezioni stavolta è Romano Prodi, come nel ’96, con una coalizione che tiene insieme ecologisti, comunisti, ex democristiani, moderati e chi più ne ha più ne metta. Hanno in comune solo l’antiberlusconismo. Per il resto, è una coalizione debole, che dura poco.
Nel 2008 il governo cade, ci sono le elezioni anticipate e le vince per la terza volta Silvio Berlusconi.
Che comincia così il suo ultimo mandato da presidente del consiglio.
L’ultimo governo Berlusconi è il più forte e aggressivo, ma segna contemporaneamente il canto del cigno della sua carriera politica. Emergono processi per corruzione, per contatti con la mafia, per frode fiscale e anche per scandali di carattere sessuale. Berlusconi costruisce una narrazione secondo cui i giudici lo vogliono eliminare politicamente. Così, prova a fare approvare leggi che lo proteggano dai processi.
Così concentrato sugli affari del suo capo, il governo non si accorge di quello che sta succedendo a livello internazionale. La crisi finanziaria del 2008 che dagli Stati Uniti arriva in Europa, distrugge la Grecia e mette a rischio anche l’Italia. Nel novembre del 2011, quando la situazione sembra sull’orlo del baratro, Berlusconi cede alle pressioni e si dimette.
Da lì è cambiato tutto. Berlusconi non ha più risalito la china. Gli affari hanno iniziato ad andare peggio del solito e tra le altre cose ha dovuto vendere il suo amato Milan.
Oggi ha 86 anni. È ancora uno degli uomini più ricchi del Paese ed è ancora il leader di Forza Italia, il suo partito personale molto più debole di un tempo.
Con varie interruzioni, è stato presidente del consiglio per circa dieci anni. Non ricordiamo leggi particolarmente importanti approvate dai suoi governi, salvo forse quella che vieta il fumo nei locali pubblici. E naturalmente quelle che ha approvato, o ha cercato di approvare, per difendere i suoi interessi.
Ha lasciato momenti un po’ grotteschi come il gesto delle corna durante una foto ufficiale al G8, il fatto di avere dato del kapò a Martin Schulz, eurodeputato socialdemocratico tedesco, un’amicizia strettissima con Vladimir Putin, le barzellette volgari e sessiste e naturalmente gli scandali a sfondo sessuale.
Ha lasciato tuttavia anche un impero mediatico, collaboratori fedelissimi e tanta gente che ha creduto e crede ancora in lui ciecamente.
Ha cambiato la politica italiana spostando il centro dell’attenzione dai partiti, con le loro dinamiche interne, ai leader, con il loro carisma personale.
Non si può essere neutrali parlando di Silvio Berlusconi. È un tema delicato su cui si rischia di discutere e persino di litigare.
Tuttavia, o forse proprio per questo, non si può non parlarne.
L’Italia di oggi non sarebbe quella che è se non ci fosse stato Berlusconi. Perché in fondo Berlusconi è profondamente italiano, nel bene e nel male. E per questo tante e tanti italiani e italiane lo hanno votato negli anni. Mentre alti lo hanno rifiutato come si fa con una specie di gemello cattivo. Se ne sono accorti politici, giornalisti, comici, attori e anche musicisti.
Come quello che una volta ha detto una frase perfetta per riassumere il fenomeno del berlusconismo.
Non temo Berlusconi in sé, ma Berlusconi in me.
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