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#45 – Rombo di tuono. Gigi Riva a Cagliari

Trascrizione dal podcast Salvatore racconta, episodio pubblicato il 15 gennaio 2022.

Distribuito con licenza Creative Commons CC-BY 4.0 non commerciale.

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Gigi Riva Cagliari Italia Salvatore racconta Podcast in italiano per stranieri

 

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Tra Cagliari e Milano ci sono più di 900 chilometri.

Tanti, vero?

Soprattutto se pensiamo che Cagliari si trova su un’isola, la Sardegna, e quindi quella distanza va colmata via nave o via aereo.

Oggi, tutto sommato, non è un’impresa fare questa tratta, anche varie volte a settimana.

I milanesi amano viaggiare verso Cagliari e la Sardegna. Per godere del mare, delle spiagge e della qualità della vita.

D’altra parte i cagliaritani, i sardi in generale, viaggiano per Milano per cercare lavoro. Attratti da quella che è a tutti gli effetti la capitale economica e finanziaria d’Italia.

Da Milano verso Cagliari per vacanza, da Cagliari verso Milano per carriera. È quasi sempre così, ma a noi interessa un’eccezione. Un caso al contrario.

Quello di un ragazzo lombardo, cresciuto giocando a pallone nei campetti della fabbrica, e che a Cagliari è diventato uno dei calciatori italiani più forti e iconici di sempre. Legato per tutta la carriera a quella città e ai suoi colori, il rosso e il blu.

Lui che in quella città ci è finito quasi per caso, ha imparato ad amarla e non l’ha mai voluta lasciare. Nemmeno quando è diventato un campione di livello tale da attirare le attenzioni della squadra più forte e titolata d’Italia.

Lui è rimasto in Sardegna. Per scelta, per amore. E con i colori del Cagliari addosso, ha ottenuto un successo insperato, irripetibile, incredibile.

Il giornalista sportivo Gianni Brera lo chiamava “Rombo di tuono” perché sul campo era imprendibile ed esplosivo. Ma oggi è più facile riconoscerlo con il suo nome e cognome, quattro sillabe pronunciate una dopo l’altra come una brevissima preghiera.

Signore e signori, vi presento il numero 11 del Cagliari campione d’Italia. Vi presento Gigi Riva.

Gigi Riva è stato protagonista del Cagliari campione d’Italia nella stagione 1969/70. Un’autentica impresa sportiva. È stato il primo, e finora l’unico, scudetto del Cagliari.

Per capire l’enormità di questo successo, guardiamo l’albo d’oro del campionato italiano di calcio. Da quando esiste, lo scudetto è andato 36 volte alla Juventus, 19 volte all’Inter, 18 al Milan, 9 al Genoa, 7 al Torino e così via.

Se avete ascoltato l’episodio 29 di Salvatore racconta, dedicato alla nascita del calcio, ricorderete che la fortuna di questo sport è nata nel nord Italia, in particolare tra Genova, Torino e Milano. E in un certo senso, è rimasta lì. Le squadre più ricche, e quindi più forti, si trovano in quell’area. Le altre, non tutte ma quasi, si accontentano delle briciole. Ma sono briciole dal sapore dolcissimo, proprio perché sono rare.

Il Cagliari ha vinto il campionato 1969/70 davanti alle favorite Juventus e Inter e nessuno avrebbe potuto immaginare un finale così. Lo ha fatto con una squadra molto solida, di grandi valori fisici e tecnici, allenati alla grande da Manlio Scopigno e trascinati in campo da un autentico fuoriclasse, quel Luigi Riva detto Gigi, catapultato a Cagliari dalla Lombardia e diventato un sardo ad honorem.

Ma come ci è finito un ragazzino della provincia lombarda in Sardegna? E, soprattutto, una volta che ci è finito, come mai ci è rimasto? Perché non ha usato il suo talento immenso per spiccare il volo e giocare con maglie prestigiose nei più grandi stadi d’Europa?

Avrebbe potuto farlo eccome, Gigi Riva. Campione d’Italia, campione d’Europa, vicecampione del mondo, secondo classificato al Pallone d’oro 1970. Uno che parlava la stessa lingua calcistica di Pelé o George Best. E che ha donato il suo talento soltanto a due maglie. Quella azzurra, della nazionale italiana, e quella rossoblù, del suo amato Cagliari. Che non ha abbandonato mai, diventando un’autentica bandiera.

Gigi Riva nasce nel 1944 a Leggiuno, un paesino in provincia di Varese, a due passi dal lago Maggiore. La sua è una famiglia povera, di gente semplice. E gli anni della sua infanzia sono quelli arrivati subito dopo la fine della guerra. Quando Gigi ha solo nove anni, suo padre Ugo muore tragicamente in fabbrica. Tutto il peso della famiglia è sulle spalle di sua madre Edis, che è costretta a fare scelte difficili. Come quella di mandare il figlio in un collegio. Gigi ci va, e ci resta malvolentieri. Ha da mangiare ogni giorno, cosa non ovvia in quegli anni, ma anche molte umiliazioni e durezze.

Esce da lì a 14 anni, quelli che bastano per iniziare a lavorare in fabbrica. Intanto nel tempo libero, gioca nella squadra del paese a Leggiuno. Sembra la storia di migliaia di operai italiani di quegli anni. Con l’eccezione che Gigi Riva è baciato dal talento. È destinato a diventare un calciatore professionista.

Presto si vede che è forte davvero. Una squadra professionistica della sua zona, il Legnano, gli offre un contratto. Prima per le giovanili, ma molto presto per la prima squadra. Per giocare in serie C.

All’epoca il Cagliari gioca a un livello più alto, in serie B. È una squadra ambiziosa anche se con tanti problemi legati ai costi della logistica. Normalmente nei campionati si gioca una partita in casa, nel proprio stadio, e una in trasferta, nello stadio degli avversari. Solo che viaggiare ogni due settimane dalla Sardegna è costoso e complicato, così il Cagliari ottiene dalla federazione la possibilità di giocare due partite in casa e due in trasferta consecutive. Per ammortizzare i costi. Nelle due settimane che i calciatori sardi passano lontano dall’isola, fanno base proprio a Legnano. E lì un giorno che i dirigenti rossoblù notano questo ragazzino che gioca nella squadra locale. Vedono la sua corsa, la sua coordinazione, il suo sinistro potentissimo. Sono uomini di calcio, hanno l’occhio lungo e capiscono subito che quello lì ha la stoffa del campione. Offrono al Legnano 37 milioni delle vecchie lire e Gigi Riva diventa un giocatore del Cagliari pronto per il campionato di serie B 1963/64. L’inizio di una grande storia.

Riva parte per Cagliari perché gli dicono di farlo. Ma all’inizio non è molto contento. Nella sua vita ha visto solo il suo lago. Della Sardegna non sa niente, faticherebbe a trovarla su una cartina. La immagina lontana ed esotica, anche un po’ dura e diffidente.

All’inizio si sente spaesato. Quando era ancora a Legnano, è morta anche sua madre. Gli è rimasta solo la sorella maggiore, Fausta, che lo accompagna nel primo viaggio. La solitudine e l’infanzia difficile gli stampano sul volto un’espressione seria e drammatica che lo accompagnerà a lungo.

Per fortuna c’è il pallone che lo fa sorridere. Gigi Riva ama giocare a calcio, ama correre più veloce degli altri e colpire la palla con il suo piede sinistro dandole potenza ed effetto. Con la maglia rossoblù del Cagliari, durante la prima stagione, segna otto goal. Un grande contributo a un grande risultato. Il Cagliari ottiene la promozione e l’anno dopo giocherà in serie A.

Gigi Riva intanto comincia ad ambientarsi sempre di più in città e nel contesto sardo. Gli isolani si affezionano a questo orfano dalla faccia seria e lo adottano simbolicamente. Diventano per lui il sostituto di quella famiglia che ha perso troppo presto.

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Nei primi anni in serie A si fa notare a più riprese. Il Cagliari è una squadra provinciale, lontana dal livello delle grandi del nord che si contendono il titolo, ma lui continua a segnare goal senza interruzione. Tanti da attirare l’attenzione del selezionatore della nazionale.

Alla sua terza presenza in azzurro, convocato per un’amichevole contro il Portogallo, Riva viene colpito dal portiere portoghese e si infortuna. Sarà fermo per tre mesi. Ciò nonostante, chiude la stagione con 18 goal segnati e torna in nazionale. Tempismo perfetto, perché in estate a Roma ci saranno gli europei.

L’Italia arriva in finale contro la temibile Jugoslavia, e per vincere ha bisogno di un eroe. Lo trova in Gigi Riva. Che è già un eroe per tutti i sardi e si prepara a diventarlo per tutti gli italiani. Segna il goal che vale la vittoria degli europei. Il primo trofeo azzurro dopo i mondiali del 1938. Dopo trent’anni senza successi.

A quel punto Riva torna a Cagliari con una nuova consapevolezza. Quella di essere un campione d’Europa, e uno dei più forti attaccanti italiani della sua generazione. Nella stagione 1968/69, segna 20 goal diventando capocannoniere per la seconda volta di fila. Il Cagliari arriva secondo in campionato, dietro la Fiorentina campione d’Italia. Davanti alle grandi del nord, Milan, Inter e Juventus.

A Cagliari a quel punto ci credono davvero. Ci credono i dirigenti, ci crede l’allenatore Manlio Scopigno, ci credono i giocatori, soprattutto Riva. L’anno prossimo sarà la loro occasione. È il momento di puntare al cielo.

Per prepararsi alla stagione 1969/70, il Cagliari deve fare delle scelte difficili. Cede all’Inter Roberto Boninsegna, un attaccante fortissimo. I sardi però piangono con un occhio, perché in cambio di Boninsegna ricevono dai nerazzurri tre giocatori che serviranno a dare equilibrio e solidità alla squadra in tutti i reparti. Quello che serve per giocarsi lo scudetto.

Il campionato inizia bene per i rossoblù che vincono a sorpresa contro i campioni in carica della Fiorentina e conquistano una serie di buoni risultati consecutivi. Il segreto è in una difesa molto solida e nel grande talento offensivo di Gigi Riva.

Nel frattempo, le cose si mettono bene anche perché le grandi rivali arrancano, soprattutto la Juventus. Alla fine del girone d’andata, il 28 dicembre, il Cagliari è primo in classifica.

Sei giorni prima il giornale francese L’Equipe ha annunciato i voti per il Pallone d’Oro. Il premio è andato a Gianni Rivera, attaccante del Milan e protagonista, l’anno prima, di una strepitosa Coppa dei Campioni. Al secondo posto è arrivato Gigi Riva.

Nel girone di ritorno, per il Cagliari la strada si mette in salita. Durante la partita contro il Palermo, l’allenatore Scopigno litiga con un guardalinee e ottiene una squalifica di sei mesi. I suoi giocatori improvvisamente si trovano privi dell’uomo che, come un padre e un condottiero, li aveva portati in alto.

Ma stringono i denti e vanno avanti anche se sentono il fiato sul collo della Juventus, sempre più vicina. Riva continua a segnare. Senza fermarsi. Con il suo sinistro potente, di testa, in tuffo, in rovesciata. Da dentro l’area, da fuori l’area. Il goal è la sua missione, è quasi la sua ossessione.

Nella sfida chiave contro la Juventus, è suo il goal che vale il pareggio e quindi il mantenimento della testa della classifica. Ormai al Cagliari manca un passo per coronare il suo sogno.

Alla terzultima giornata di campionato si gioca Cagliari-Bari. Se i rossoblù vincono, saranno matematicamente campioni d’Italia. Chi può, va allo stadio. Ci sono 28.000 spettatori sugli spalti. Tanti altri aspettano fuori, per le strade vicine. Nel resto della Sardegna, tutti sono incollati alle radio per ascoltare la cronaca della partita. Non resteranno delusi.

Alle 15:30 esatte del 12 aprile, l’arbitro fischia l’inizio della partita che fa trattenere il fiato a un’isola intera. Dopo novanta minuti e due goal rossoblù, uno ovviamente firmato da Gigi Riva, è ufficiale. Il Cagliari è campione d’Italia, per la prima -e finora unica- volta nella sua storia. La città esplode di emozioni, lo fa anche tutta l’isola, per un trionfo che è anche un riscatto sociale.

Arrivato grazie a una squadra di giocatori coraggiosi e di un grande campione, quel ragazzo arrivato dalla Lombardia e che a Cagliari non ci voleva nemmeno venire, ma si è fatto amare alla follia, come uno di famiglia. Più di uno di famiglia.

Questa storia fino a ora è stato un pezzo rock, pieno di entusiasmo ed energia. Il finale è un po’ più in stile blues, con una punta di malinconia. L’estate dopo lo scudetto, Riva è uno dei titolari fissi dell’Italia ai mondiali messicani del 1970. Se non sapete come finisce questa storia, tornate all’episodio numero 1 di Salvatore racconta per sapere i dettagli.

Negli anni successivi, Gigi Riva continua a giocare a Cagliari. Sempre e solo con la maglia numero 11 sulle spalle. Lo corteggiano tante squadre, soprattutto la Juventus che per lui offre tantissimi soldi. Riva è lusingato, ringrazia, ma fa spallucce. A Cagliari e in Sardegna c’è gente che tiene la sua foto nel portafoglio assieme a quella della moglie, del marito, dei figli. Assieme ai santini, le immagini che raffigurano i santi. Rispetto a questo amore e questo calore, non ci sono soldi che tengano.

Si è ritirato nel 1966, a 32 anni, obbligato a fermarsi dai tanti infortuni subiti. I difensori non riuscivano a fermarlo quasi mai in modo regolare. Lui era rombo di tuono, veloce e potente, per bloccarlo dovevi fargli male. E infatti è andata così.

Oggi Gigi Riva è un uomo anziano, che ha perso la faccia triste e dura di quando era ragazzo e ha un’aria gentile e delicata. Del passato parla volentieri, anche se con una modestia che somiglia a imbarazzo. La modestia di un grande campione che ha fatto una scelta di cuore.

A quelli che dicono che tutto ha un prezzo, ha dimostrato che non è vero. Non vale per l’amore dei cagliaritani, non vale per il calore dei sardi, non vale per Gigi Riva.

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