#23 – Peppone e Don Camillo
Trascrizione dal podcast Salvatore racconta, episodio pubblicato il 7 agosto 2021.
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Quando pensiamo all’Italia ci vengono in mente soprattutto le grandi città. Roma, Milano, Napoli, Palermo, Venezia, Torino, Genova.
È naturale, in fondo sono le città più facili da visitare e quelle più rappresentate nei film e nei libri.
Allo stesso tempo, è importante sapere che l’Italia è fatta soprattutto di città piccole, e soprattutto di paesi e paesini.
È lì che vive l’anima vera dell’Italia, legata più alle sue identità locali che a quella nazionale.
Ogni paese, per esistere, deve avere almeno alcune cose: un bar dove bere il caffè e giocare a carte, un ufficio postale, una caserma dei carabinieri e una chiesa. Possibilmente con un campanile.
Ecco perché si usa la parola campanilismo per parlare del patriottismo locale e localissimo delle città italiane.
Se cercate l’immagine perfetta delle piccole città italiane, e in particolare l’immagine che avevano le città italiane negli anni Cinquanta, lo potete trovare in una serie di libri, ma soprattutto una serie di film, ambientati tutti in una piccola cittadina dell’Emilia-Romagna. Una città inventata, ma perfetta.
C’è proprio tutto quello che dicevamo. Un bar, o meglio, un’osteria, una caserma dei carabinieri, un ufficio postale e una chiesa. Ah, dimenticavo un dettaglio importante! C’è anche un municipio, dove lavora la persona eletta dai cittadini per decidere e governare la città: il sindaco.
La chiesa e il municipio. Il potere religioso e quello civile. L’autorità che fa riferimento a Dio e quella che guarda solo alla repubblica. Un prete, anzi un parroco, e un sindaco. Legati da un rapporto di amore e odio, e in continua rivalità tra loro.
Sono loro i protagonisti di una serie di libri, scritti da Giovannino Guareschi, ma soprattutto di una serie di film diventati leggendari. Un parroco impulsivo e furbacchione, un sindaco burbero e testardo. Una coppia comica perfetta. Sono Peppone e Don Camillo.
Peppone e Don Camillo vivono in un paesino inventato nell’Emilia-Romagna dell’immediato dopoguerra. In quell’Italia, che ha appena superato la tragedia della guerra, il mondo prova a riorganizzarsi.
Se siete ascoltatori da tanto tempo di Salvatore racconta forse lo sapete già, ma in caso contrario vale la pena spiegare velocemente di nuovo che Italia era l’Italia uscita dalla guerra. E poi, come potremmo mai fare un episodio senza un po’ di storia?
In quell’Italia lì, uscita da venti anni di dittatura fascista e da una guerra disastrosa, la neonata repubblica provava a organizzarsi. Lo faceva attraverso partiti politici nuovi, che prima non esistevano o quasi. Due, in particolare, erano molto forti e pronti a lottare per il governo dell’Italia. La Democrazia Cristiana, chiamata DC, un partito moderato, cattolico e mirato all’alleanza con gli Stati Uniti, e il Partito Comunista Italiano, il PCI, che già dal nome porta la sua idea di società: comunista e mirato all’alleanza con l’Unione Sovietica.
Alla fine degli anni Quaranta dunque quasi tutta Italia, città per città, e paese per paese, si divide tra democristiani e comunisti. I democristiani dicono in giro che i comunisti sono cattivi, mangiano i bambini e vogliono portare in Italia la miseria e la crudeltà dei russi. I comunisti invece dicono che i democristiani vogliono difendere i ricchi e portare il dominio americano.
Ovviamente, tutte e due le parti esagerano nel raccontare i difetti dei propri rivali. In un certo senso, soprattutto agli inizi della Repubblica, la DC e il PCI vogliono cose simili e i loro esponenti in fondo si somigliano più di quanto vorrebbero ammettere.
Proprio come Peppone e Don Camillo, personaggi di cinque film di grandi successo interpretati rispettivamente da Gino Cervi e dall’attore francese Fernandel.
I film escono tra il 1952 e il 1965, tutti ispirati abbastanza fedelmente ai romanzi di Giovanni Guareschi, e la serie si è interrotta improvvisamente per la malattia, e poi la morte, di Fernandel, l’attore che interpretava Don Camillo.
Ma insomma, di cosa parlano questi film? E perché sono così famosi?
Clicca qui per scaricare il pdfIl primo film della serie si intitola semplicemente Don Camillo, ed esce nel 1952. Comincia quando nel paese ci sono state le elezioni comunali e hanno vinto i comunisti, anzi i rossi. Peppone, un contadino mezzo analfabeta ma molto bravo a parlare, è diventato sindaco. Tutti gli altri contadini locali sono felici, camminano per la piazza sventolando bandiere rosse e cantando l’internazionale. Le famiglie borghesi della città non sono contente, anzi. E non è contento nemmeno il parroco, Don Camillo, che è molto nervoso e decide di suonare le campane della chiesa per disturbare i festeggiamenti dei rossi in piazza.
È la prima di una serie di scaramucce, cioè di piccole litigate, tra Don Camillo e Peppone che si contendono il ruolo di vera autorità in città.
Va detto che Don Camillo è un prete decisamente particolare. Anche se è un uomo di chiesa, la pazienza non è la sua migliore qualità. Si arrabbia in fretta, litiga facilmente, e ha anche qualche vizio che un prete non dovrebbe avere. Per esempio, gli piace molto fumare il sigaro. È un prete, insomma, tipicamente italiano.
Anche Peppone è un comunista a modo suo, un comunista tipicamente italiano. Ad esempio, quando nasce il suo ultimo figlio maschio, vuole che riceva il battesimo in chiesa. Anche se vuole che il bambino venga battezzato con il nome di Lenin Libero Antonio. Potete immaginare la reazione di Don Camillo a questa richiesta… Alla fine i due, dopo una bella litigata, arrivano a un compromesso. Il bambino sarà battezzato con il nome di Libero Antonio Camillo Lenin. Una soluzione decisamente all’italiana, per non scontentare nessuno.
In un’altra sequenza molto divertente del film, il sindaco Peppone annuncia la costruzione di una Casa del popolo al centro del paese. Don Camillo, che è sempre molto furbo e sospettoso, si chiede dove il sindaco abbia trovato i soldi per questo investimento. Si ricorda che durante la guerra, cioè pochi anni prima, erano spariti dalle casse della città circa dieci milioni di lire. Peppone e i rossi avevano sempre detto che erano scomparsi, probabilmente sequestrati dai fascisti. Don Camillo però non ci crede e mangia la foglia. Quei soldi sono ancora in comune, e Peppone li vuole usare per la sua promessa elettorale.
Arrabbiatissimo allora, il nostro impulsivo prete reagisce a modo suo. Non lo sa nessuno, ma poco tempo prima Don Camillo ha incendiato una casa in campagna piena di armi rimaste dalla guerra. Prima di bruciare tutto però, ha preso per sé una mitragliatrice, ovvero un fucile automatico da guerra. Con quello, e pieno di spirito cristiano, Don Camillo va da Peppone a negoziare. Vuoi costruire la casa del popolo? Bene! Ma costruirai anche una città giardino per i bambini del paese!
I due continuano così, in un continuo braccio di ferro dove una volta vince uno e una volta vince l’altro, fino a quando don Camillo non partecipa a una grande rissa e da solo, a pugni e calci, vince contro quindici persone. Quindici comunisti, ovviamente. Il vescovo decide che è abbastanza. Don Camillo è troppo impulsivo e pericoloso, deve essere trasferito in un’altra parrocchia.
Il giorno in cui va via in treno, a sorpresa, a salutarlo alla stazione –anche se è un’altra stazione, per non farsi vedere- c’è il suo vecchio amico/nemico Peppone con la banda del paese. I due si promettono che quello non è un addio, ma un arrivederci. E così sarà.
Gli altri quattro film di Peppone e Don Camillo seguono più o meno lo stesso schema e sono molto divertenti ma anche utili per capire la vita e la politica vera nei piccoli paesi italiani.
Al di là della retorica e delle leggende, tipo quella dei comunisti che mangiano i bambini e odiano la religione, Peppone è pronto a grandi compromessi pur di battezzare suo figlio. E Don Camillo, nonostante in teoria creda che i rossi siano il male assoluto, alla fine trova il modo di collaborare con Peppone. E scopre che, al di là delle ideologie, sui temi concreti di vita quotidiana ha molte cose in comune con lui e con la sua visione del mondo.
La rivalità tra i due amici/nemici continua anche su altri livelli, a partire dal secondo film della serie Don Camillo e l’onorevole Peppone, che esce nel 1955. In questo secondo episodio della saga, il sindaco Peppone è deciso a fare un passo avanti nella sua carriera politica, vuole candidarsi per diventare deputato. Don Camillo ovviamente all’inizio non è per niente d’accordo e fa di tutto per ostacolarlo. Per esempio, di notte disegna delle corna sui manifesti elettorali di Peppone per farlo somigliare al diavolo. Alla fine, dopo varie peripezie, Peppone riesce a candidarsi e anche a essere eletto deputato. Il giorno in cui deve dare addio al suo paese e al ruolo di sindaco per andare a Roma, però, comincia ad avere dei dubbi. Alla fine, sul treno per Roma, Peppone incontra Don Camillo. Proprio lui, il suo eterno rivale, alla fine lo convince a rinunciare al seggio di deputato e a restare a fare da sindaco.
I film con Peppone e Don Camillo hanno un grande successo in Italia e anche all’estero, tanto che vengono doppiati da attori stranieri e distribuiti in Francia, Germania, Argentina e anche Stati Uniti dove addirittura una delle voci dei doppiatori è quella di Orson Welles.
Le avventure e disavventure di un prete irascibile e di un meccanico comunista ma timorato di Dio conquistano gli spettatori di mezzo mondo. Non è solo merito dei due protagonisti, ma di tutto il contesto. Sono ancora oggi divertenti e affascinanti le storie secondarie delle vicende di Peppone e Don Camillo, come per esempio quelle legate alla guerra, alla vita di paese e al modo in cui la politica entrava nelle vite di persone semplici, che erano uscite dalla guerra da poco e cercavano un po’ di leggerezza e semplicità.
Ancora oggi il primo episodio, Don Camillo, è nella top-10 dei film più visti al cinema in Italia da sempre, e di certo non è un elemento casuale.
Guardare oggi i film di Peppone e Don Camillo è un modo eccezionale per guardare all’Italia del passato, ma anche a quella del presente. Oggi il PCI, il partito di Peppone, non esiste più. I politici di primo piano che oggi definirebbero se stessi comunisti sono molto pochi, e i militanti di base anche. Nessun sindaco dell’Emilia Romagna oggi farebbe suonare alla banda del paese l’internazionale. Probabilmente oggi non potrebbe nemmeno esistere un prete come Don Camillo, così focoso, combattivo, sincero, ma anche scorretto e a volte violento.
L’Italia però è ancora oggi un po’ quella di quei film. Un posto dove anche le grandi idee politiche e filosofiche si adattano al contesto nazionale. Così un prete, ufficialmente rigoroso difensore della morale cristiana, può anche fumare il sigaro o minacciare il sindaco con un fucile automatico. E un vecchio comunista può desiderare il battesimo per suo figlio e sentire la mancanza del confronto con il suo amico/nemico parroco. È lo spirito dell’Italia che cerca sempre un po’ il compromesso e che anche nel conflitto tra parti apparentemente distinte trova sempre il modo di trovare un senso comune.
Ovviamente non è tutto rose e fiori. La dialettica tra democristiani e comunisti negli anni ha avuto toni duri e ha aperto pagine molto oscure della storia italiana. Non c’è solo spazio per la commedia di Peppone e Don Camillo dunque, ma con quella ancora oggi riusciamo un po’ a sorridere pensando a quello che siamo stati e che, in qualche modo, siamo ancora.
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