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#21 – Nuvolari, il mito della velocità

Trascrizione dal podcast Salvatore racconta, episodio pubblicato il 24 luglio 2021.

Distribuito con licenza Creative Commons CC-BY 4.0 non commerciale.

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Nuvolari Salvatore racconta podcast italiano per stranieri

 

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C’è un legame forte, e quasi inspiegabile, tra gli italiani e la velocità.

Secondo gli stereotipi, gli italiani sono un popolo che ama fare le cose con calma e con lentezza, senza fretta. Eppure non si può negare che gli italiani hanno anche una passione quasi incontenibile per le cose che vanno veloci. In particolare, per le cose che vanno veloci e hanno un motore.

Basterà fare qualche nome. Anzi, qualche cognome. Ducati, Ferrari, Maserati, Lamborghini. Vi dicono niente?

Sono i cognomi di persone che hanno fondato aziende leggendarie nella produzione di motociclette e automobili.

Oltre alla passione per la velocità, tutte queste persone hanno un’altra cosa in comune. Vengono tutte da una zona specifica dell’Italia.

Guardate una cartina fisica dell’Italia. Cosa notate? Beh, ovviamente il mare da ogni lato. Ma dentro? Montagne. Praticamente ovunque. Le Alpi e le Dolomiti in alto e gli Appennini a disegnare una linea che segue tutta l’Italia come se fosse la sua colonna vertebrale.

Una linea che a un certo punto, però, gira. Curva a sinistra. Lascia uno spazio largo, grande, senza montagne. Quella è la pianura padana.

È chiaro che per andare veloce, serve una pianura. Chilometri e chilometri di strada aperta dove potere correre senza ostacoli. Non è un caso che tutti quei signori di prima, i padri delle grandi aziende motoristiche italiane, sono nati da queste parti.

Questi uomini e le loro idee hanno realizzato il sogno dei motori e quello di chi viveva con l’ambizione di andare più veloce di tutti. Hanno creato le macchine, e le moto, su cui piloti coraggiosi hanno sfidato i propri limiti.

Uno dei primi grandi piloti della storia veniva anche lui dalla pianura padana. In particolare, dalle campagne intorno a Mantova. Su macchine che oggi ci sembrerebbero primitive e pericolose, quest’uomo andava più veloce di tutti. Era Tazio Nuvolari.

Nuvolari dunque viene da Mantova. La sua è una famiglia di piccoli proprietari terrieri. Agricoltori, insomma, ma abbastanza benestanti.

Tazio nasce proprio qui, in campagna, nel 1892. È un’Italia ancora molto giovane, povera. C’è ancora il re. Nello specifico, è re Umberto I. Come ascoltatori di Salvatore racconta, dovreste sapere bene come è finito il suo regno. Ucciso a colpi di pistola dall’anarchico Gaetano Bresci, nell’anno 1900.

All’epoca Tazio Nuvolari ha otto anni. Probabilmente del re non gli importa molto. Gli piace stare in campagna, occuparsi degli animali e andare in bicicletta.

In quell’epoca, i mezzi a motore sono ancora qualcosa di relativamente nuovo e raro nella vita delle persone. Sono potenti per i loro standard, e non molto sicuri. Per guidare macchine e moto sportive, servono doti come il coraggio, la determinazione e anche un po’ di sconsideratezza.

Il coraggio, Nuvolari lo ha imparato in campagna. C’è una storia che riguarda la sua infanzia, difficile dire se sia vera al cento per cento. Si dice che un giorno il piccolo Tazio si sia avvicinato troppo a un cavallo e che questo lo abbia colpito con un calcio. Niente di troppo grave, per fortuna, ma la paura è stata grande. Sembra che un paio di anni dopo, il problema lo abbia risolto il padre del futuro pilota. Dicono che sia andata così: un giorno il padre di Nuvolari chiama Tazio per regalargli una moneta. Per comprarsi quello che vuole. Una proposta allettante per un bambino di dieci anni. C’è una condizione però. Papà Nuvolari tira la moneta esattamente tra le zampe posteriori di un cavallo e dice a Tazio: se vai a prenderla, è tua. Tazio aspetta, esita, ha paura, ma alla fine si fa coraggio e va a prendere la moneta. Ha vinto la paura. È pronto per diventare un pilota.

Che vuol dire essere un pilota all’inizio del ventesimo secolo? Per la verità, ancora praticamente nulla. Il primo mezzo a motori che Nuvolari guida… è un’ambulanza. Durante la prima guerra mondiale, che scoppia quando lui ha circa 22 anni. E lui guida ogni giorno tra il fronte e le retrovie, portando morti e feriti. Sono anni duri, ma per fortuna lui ne esce bene. Conosce anche una ragazza che diventerà sua moglie.

Dopo la fine della guerra, finalmente Nuvolari la licenza come pilota da corsa e comincia a partecipare alle gare. All’inizio guida sia le motociclette che le automobili.

È ambizioso, ma ancora giovane. Nessuno è pronto a offrirgli un contratto da primo pilota, così all’inizio partecipa solo a gare singole, mostrando tutto il suo talento.

La svolta arriva nel 1924, Nuvolari ha trent’anni e conosce un ex-pilota e meccanico. Si chiama Deo Chiribiri, che gli propone di correre per la sua squadra. Nuvolari accetta e partecipa a una gara in Liguria. Una gara diventata leggendaria. Il circuito è molto difficile e pericoloso. La strada è piena di curve molto strette, tutte vicino alla costa. Basta fare un piccolo errore, per finire dritti in mare.

Le macchine dell’epoca sono a due posti. I piloti corrono con un meccanico a fianco in caso di problemi. Durante la gara, Nuvolari va molto veloce, più veloce di tutti. Guida in modo spericolato. A pochi chilometri dal traguardo, quando è praticamente sicuro di vincere, la sua auto perde una ruota e finisce fuori strada. È un colpo duro. Il meccanico accanto a lui sbatte la testa e perde i sensi. Nuvolari è molto nervoso, vuole vincere a tutti i costi. Con il meccanico svenuto accanto a lui, riesce a riparare la ruota con l’aiuto di alcuni tifosi che guardavano la gara dal bordo della strada. Ritorna in macchina e vince. Con accanto ancora il povero meccanico privo di sensi.

È la prima impresa folle di Nuvolari pilota. Che intanto ancora non sa scegliere fra i due suoi grandi amori. Le automobili e le motociclette. Mentre ha un contratto come pilota di moto con la Bianchi, riceve una proposta dalla Alfa Romeo, produttrice di automobili. Gli chiedono se vuole partecipare ai loro test perché cercano un nuovo pilota. Nuvolari non se lo fa dire due volte. Va a Monza e guida l’Alfa Romeo per alcuni giri di prova. Come sempre, va a grande velocità. Troppo grande. Va fuori strada, e stavolta l’incidente è grave. Esce dall’auto con molte ossa rotte, graffi e ferite. E sette giorni dopo, in teoria, deve partecipare a una importante gara di motociclette con la Bianchi.

Gli organizzatori non vogliono che Nuvolari partecipi, ma lui insiste e alla fine accettano. Partirà dall’ultima posizione. Nuvolari arriva in pista pieno di bendaggi e fasciature, con le ossa rotte, e addirittura ha bisogno dell’aiuto dei suoi meccanici per salire sulla moto. In queste condizioni, sembra impossibile anche solo che Nuvolari arrivi alla fine della gara. Invece, incredibilmente, non solo finisce la gara, ma la vince anche. Alla Bianchi, la sua scuderia, sono euforici. Nel frattempo però gli fanno firmare una clausola: mai più corse in automobile finché hai un contratto con noi.

Nuvolari accetta, anche se a malincuore. Per un paio d’anni va solo in motocicletta, vince molte gare, ha incidenti terribili. Una volta addirittura ne ha uno così grave, che sui giornali e tra i tifosi gira voce che sia morto.

È vivo, invece, ma a quel punto prende una decisione. Con le moto ha vinto tutto, ma è il momento di cambiare. Il futuro di Nuvolari è sulle automobili.

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Tazio Nuvolari, lo avrete capito, è una testa calda. Non ama il compromesso. Così quando decide di correre in automobile, lo vuole fare a modo suo. Apre la sua scuderia. La scuderia Nuvolari. Di cui lui è presidente, pilota. I risultati però vanno male. Tazio è bravissimo a guidare, ma come imprenditore… eh, così così. Dopo due anni, decide di chiudere la sua scuderia per tornare a essere competitivo.

Gli arriva una proposta dalla Alfa Romeo. Si ricordano di lui per i test di qualche anno prima. Vogliono un pilota molto forte per partecipare alle gare, perché da qualche tempo hanno un direttore della sezione sportiva molto ambizioso e promettente. È un certo Enzo Ferrari.

Guidando un’Alfa Romeo da corsa sotto la guida di Enzo Ferrari, Tazio Nuvolari diventa ufficialmente il pilota più forte della sua generazione. Vince gare storiche come quella di Le Mans in Francia e anche la leggendaria Mille Miglia.

Negli anni ’30, Nuvolari è così famoso e popolare che riceve attenzioni inaspettate. Come quella di Gabriele D’Annunzio, grande scrittore e poeta dell’epoca e grande appassionato di automobili, che un giorno gli regala un portafortuna… a forma di tartaruga. Con la scritta: “all’uomo più veloce, l’animale più lento”.

Sono anni di emozioni contrastanti per Tazio. Dal punto di vista professionale, è sul tetto del mondo. Dal punto di vista personale, vive molte tragedie. Come la morte di due figli per gravi malattie. Nonostante tutto, o forse proprio per questo, quando partecipa alle gare, Nuvolari non si arrende mai.

Nel 1935, arriva il suo successo più grande. Partecipa a una gara sul circuito tedesco del Nurbunring. 1935, Germania… Cosa vi viene in mente? Esatto. Sulle tribune ci sono bandiere naziste ovunque, e tra gli spettatori ci sono alcuni importanti dirigenti del partito di Adolf Hitler.

Per loro la gara non ha un valore sportivo, ma propagandistico. Vogliono vedere le macchine Mercedes, guidate da piloti tedeschi, vincere su tutto e su tutti. Solo che hanno fatto i conti senza l’oste. E quell’oste è Tazio Nuvolari.

La sua Alfa Romeo è meno potente delle Mercedes dei suoi avversari, ma lui guida al massimo, vince e sventola una bandiera italiana trionfante davanti ai capi del partito nazista. È arrivato al massimo.

Nel frattempo, lo sappiamo, arriva un’altra guerra. Ancora peggiore della precedente. Nuvolari non può partecipare alle gare, muore anche il suo terzo figlio, ma lui continua ad avere voglia di correre.

Dopo la guerra, come se niente fosse, partecipa ancora alle gare. Solo che adesso è veramente troppo anziano per gareggiare. Ha già superato i cinquant’anni e il rischio è troppo alto.

Dopo un incidente abbastanza grave, il suo vecchio amico Enzo Ferrari lo convince a ritirarsi.

Lentamente, Nuvolari smette di partecipare alle gare. Compra una villetta a Mantova e si ritira lì. Nel 1952, a sessant’anni, viene colpito da un ictus e rimane paralizzato. L’anno dopo, l’11 agosto, muore.

Viene seppellito nel cimitero di Mantova, con la tuta da pilota addosso. Al funerale partecipa quasi tutta la città, e ovviamente arrivano Enzo Ferrari e tanti grandi piloti a rendergli l’ultimo saluto.

Tazio Nuvolari è stato un pilota in un’epoca senza tv. Non abbiamo video delle sue gare, al massimo qualche foto. Eppure è diventato un mito e un’icona per tanti appassionati.

In particolare, il cantautore bolognese Lucio Dalla lo omaggia in una canzone che si chiama proprio Nuvolari. È una canzone piena di energia, proprio come era lui.

 

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