#19 – I maestri del giallo
Trascrizione dal podcast Salvatore racconta, episodio pubblicato il 10 luglio 2021.
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Immaginate di essere in Italia in vacanza. E di volere comprare un libro da leggere in spiaggia, allo stesso tempo leggero e coinvolgente. Cosa scegliereste? Probabilmente uno di quei libri dove al centro c’è un detective, un poliziotto, o comunque qualcuno che per mestiere cerca criminali e assassini.
Con questa idea, entrate in una libreria e cercate… Esatto, cosa cercate? Potete guardare nel reparto narrativa, certo. Anche se i romanzi di questo genere di solito hanno uno scaffale specifico.
Quale sarà il nome dello scaffale in cui si trovano? Libri polizieschi? Libri criminali? Thriller?
Niente di tutto questo. Se cercate un libro con indagini, misteri, omicidi e tensione dovete cercare sotto la categoria dei… libri gialli.
Gialli, sì. Come il colore giallo. E non è un elemento casuale. Se i romanzi di ambientazione poliziesca si chiamano così ha un motivo storico. Con una data precisa.
Risale a quasi cento anni fa. Per la precisione al 1929. In quell’anno l’editore Mondadori decide di dedicare una serie editoriale, cioè in italiano una “collana”, a questi libri che stanno diventando molto popolari.
Sono libri economici, stampati su carta semplice e con un formato morbido. La copertina è sempre gialla con un cerchio rosso al centro.
La collana dunque si chiama I gialli Mondadori e in poco tempo diventa così popolare e riconoscibile che nel tempo la parola “giallo” in lingua italiana ha iniziato a definire tutto questo genere. Libri, film e serie tv che hanno al centro temi polizieschi e misteriosi sono definiti gialli.
La collana Gialli Mondadori esiste ancora oggi, ma non è la sola a pubblicare romanzi di questo tipo ovviamente. Ci sono molti editori che fanno gialli, e anche molti sottogeneri. I classici polizieschi, quelli ironici, i romanzi più misteriosi e oscuri, che si chiamano “noir”, e poi i thriller pieni di azione. È un grande mondo, insomma.
Come tutte le cose, in più di cento anni di storia, anche i romanzi gialli sono cambiati molto. Quelli scritti oggi non somigliano troppo a quelli che si trovavano cento anni fa nelle prime uscite dei Gialli Mondadori. È interessante osservarli, perché da questo genere di letteratura popolare è possibile guardare da vicino i vizi e le virtù degli italiani e delle italiane nel tempo. Del resto, poliziotti e assassini, ladri e detective, vivono nelle nostre città, mangiano nei nostri ristoranti, camminano nelle nostre strade. Le loro storie sono un po’ le nostre storie. Parlano dei nostri difetti, delle nostre paure, e di tante cose che non vorremmo ammettere.
Il giallo insomma parla di storia.
E quindi, da cosa partiamo…? Ovviamente, da un po’ di storia.
La storia del giallo inizia prima che in Italia si cominci a usare questa parola. Come dicevamo prima, l’editore Mondadori inizia con la sua collana di gialli quando quel tipo di romanzi è già abbastanza popolare tra i lettori.
Trovare una data di nascita di un genere letterario è difficile. Gli esseri umani amano le storie drammatiche e piene di mistero praticamente da sempre. Basti pensare a quanti delitti ci sono nelle tragedie greche o nel teatro shakespeariano.
Senza andare così lontano, però, l’interesse per i romanzi pieni di mistero, tensione e colpi di scena inizia nel XIX secolo, soprattutto con i grandi scrittori francesi. Al pubblico popolare, che non è interessato alla grande letteratura, piacciono le storie che parlano di vita vera, dei quartieri bassi delle loro città, di crimini, misteri. Sono quelle storie che la gente racconta per strada, che improvvisamente in mano a scrittori abili diventano romanzi appassionanti.
Non è un caso che i primi gialli italiani arrivino da autori napoletani e siano ambientati a Napoli. La città, con le sue grandi differenze sociali, le sue strade strette e buie, è ideale per raccontare storie di mistero, morte, omicidi e dettagli scabrosi.
Il vero e proprio romanzo poliziesco, sullo stile di quelli con Sherlock Holmes per capirci, arriva un po’ più tardi. Sono storie dove continua l’elemento oscuro e misterioso delle morti violente, ma arrivano anche personaggi positivi, poliziotti o investigatori privati che combattono il crimine e che risolvono gli enigmi per scoprire alla fine gli assassini. Diventano popolari anche alcuni autori americani. Alcuni sono diventati vere e proprie leggende, come Edgar Allan Poe.
I tempi a quel punto sono maturi. Il genere poliziesco e di mistero è sulla bocca di tutti. L’editore Mondadori decide di iniziare la serie che diventerà famosissima. Nel 1929 nascono ufficialmente con questo nome I Libri Gialli.
È da subito un successo di pubblico, come l’editore immaginava. Nella collana c’è posto per i grandissimi classici, come Conan Doyle, ma anche per i primi detective americani il cui stile oggi conosciamo bene: cinici, un po’ sarcastici, sigaretta sempre in bocca e magari una bottiglia di bourbon nel cassetto della scrivania.
All’inizio gli autori della serie sono quasi tutti stranieri. Gli italiani che scrivono libri del genere sono ancora pochi. Ma arriveranno. Anche con l’influenza della politica.
Perché non dobbiamo dimenticare le date. Nel 1929, in Italia governa la dittatura fascista di Mussolini. Che a un certo punto obbliga le case editrici a pubblicare almeno il 15% di libri di autori italiani. Così vengono i primi giallisti, cioè scrittori di gialli italiani al cento per cento. Immaginano delitti e misteri nelle città e nelle campagne italiane, alcuni molto seri e altri –come spesso succede in Italia- con i toni della commedia. Va avanti così per qualche tempo. Poi arriva di nuovo la politica a cambiare le cose.
#18 I maestri del giallo
Perché in fondo i gialli cosa sono? Sono libri dove si parla di criminali, armi, violenza, brutalità. Gli uomini di Mussolini decidono che non va bene. Parlare dell’Italia come di un posto di assassini e criminali è un messaggio negativo. Non va bene. Nel 1937 arriva la prima decisione ufficiale: se proprio dovete scrivere romanzi gialli, l’assassino deve essere sempre straniero e mai italiano. Inoltre, alla fine la polizia lo deve sempre catturare. Insomma, italiani buoni contro stranieri cattivi, polizia efficiente e perfetta. Il giallo come arma di propaganda.
Nel 1941 poi, quando l’Italia è già in guerra a fianco della Germania nazista, Mussolini decide ancora: i libri gialli sono contro la morale e influenzano in modo negativo i giovani. Via dal mercato tutti i romanzi di questo tipo. Si attiva la censura.
In questo modo, un po’ improvvisamente, si blocca la crescita del giallo italiano. Perché la verità è che, tra tanti libri scritti solo per intrattenimento, sono arrivati anche alcuni romanzi di livello molto interessante. Scrittori bravi e talentuosi hanno scoperto che, dentro la forma del giallo, si può fare letteratura. Si può guardare dentro la psicologia umana, analizzare davvero cosa vuol dire il bene e il male, osservare nel profondo la società che cambia. Il primo di questa scuola è uno scrittore romano, si chiama Augusto De Angelis e inventa come protagonista dei suoi romanzi il commissario De Vincenzi. Rispetto al geniale Sherlock Holmes e ai duri detective americani, il commissario De Vincenzi è un uomo normale, quasi un antieroe, imperfetto, pieno di difetti e paure. Come una persona vera, insomma.
De Angelis purtroppo ha la sfortuna di vivere negli anni della censura fascista e poi in quelli della lunga e difficile fase del dopoguerra.
Arriverà qualcun altro però a portare avanti la sua rivoluzione. Viene da Milano e si chiama Giorgio Scerbanenco.
Se questo cognome ha un suono un po’ esotico nella vostra mente, è normale. Perché Giorgio Scerbanenco, il più milanese dei milanesi del ventesimo secolo, è in realtà nato a Kiev, figlio di un professore di liceo ucraino e di una donna italiana. Ha passato praticamente tutta la sua vita in Italia, e soprattutto a Milano. E l’ha passata praticamente tutta a scrivere. È stato un autore molto prolifico, ovvero uno che ha scritto moltissimo. Il genere in cui è diventato un maestro è stato quello dei romanzi gialli.
Negli anni Cinquanta e Sessanta ormai è chiaro che il tipico detective americano che non sbaglia mai è uno stereotipo poco interessante. Scerbanenco nei suoi romanzi vuole raccontare la vita vera, il lato più oscuro di Milano, la violenza e le contraddizioni della classe media. Nella serie di suoi romanzi più famosi, il protagonista non è un detective né un poliziotto, ma un medico. Il dottor Duca Lamberti.
Un dottore decisamente particolare. Che è stato in prigione per anni per omicidio. O meglio, perché da medico ha aiutato un paziente a morire. Eutanasia, dunque. Illegale in Italia e in quegli anni considerata anche particolarmente immorale. Insomma, Duca Lamberti è un uomo colto che però ha avuto grandi traumi. È stato in prigione, conosce la violenza e a volte li usa quando è necessario. È il protagonista di quattro romanzi, in particolare uno dal titolo leggendario: I milanesi ammazzano il sabato. A parte un po’ di lessico tipico degli anni Sessanta, sono romanzi ancora oggi molto belli e godibili. Probabilmente abbastanza semplici anche per voi studenti, provateci.
In ogni caso, nel mondo del giallo italiano, Scerbanenco è una pietra miliare. Per capire quanto è importante, sappiate che oggi il premio più importante per i giallisti è proprio il premio Giorgio Scerbanenco.
Negli ultimi anni, il giallo italiano è diventato peculiare anche perché è legato ai luoghi e alle città dei suoi protagonisti. Ci sono serie ambientate a Roma, a Milano, a Palermo, Catania, Bologna, Venezia, Cagliari. Quasi ogni grande città d’Italia ha il suo giallista, e le persone sono molto affascinate dall’idea di trovare le proprie strade e piazze in questi romanzi. Anche se poi in quelle strade dove loro passano per andare al lavoro, di solito in quei romanzi sono pieni di omicidi e tragedie.
Tra gli autori di gialli più famosi oggi c’è sicuramente il siciliano Andrea Camilleri, che Camilleri ha fatto innamorare i lettori grazie al suo personaggio, il commissario Montalbano, e alle sue ambientazioni in una piccola città di mare in Sicilia. Oltre a un elemento extra-narrativo: la particolarità della sua lingua letteraria. Che mischia italiano standard e dialetto siciliano. In un modo sempre ricco e poetico.
Un altro giallista molto amato dagli italiani è Antonio Manzini, inventore del personaggio chiamato Rocco Schiavone. Un poliziotto un po’ burbero e antipatico, spesso volgare quando parla, cinico e sarcastico, ma in fondo buono. La vita non è stata facile per lui e questo permette ai lettori di provare molta empatia per il protagonista.
Simile è il destino di un altro grande scrittore italiano, Massimo Carlotto, con i suoi libri dedicati alla figura un po’ ambigua di un ex-musicista ed ex-carcerato che oggi fa l’investigatore. Tutti lo chiamano L’alligatore.
Abbiamo parlato di giallisti, ma ovviamente non mancano le gialliste. La più famosa di tutte è probabilmente la bolognese Grazia Verasani che ha scritto, e continua a scrivere, una serie di romanzi con protagonista la detective privata Giorgia Cantini. Una donna che ama il whisky e la musica blues, e non ha paura di affrontare il lato oscuro di Bologna.
Insomma, i giallisti italiani sono veramente tanti e quasi tutti molto interessanti. Non fate l’errore di pensare che tutti i loro libri siano una leggera forma di intrattenimento. Alcuni lo sono, ovviamente. Altri invece aprono pagine oscure e affascinanti, pongono domande serie e danno poche risposte vere. Del resto, è quello che fa la letteratura. Quella vera.
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