#14 – Peppino Impastato, una voce contro la mafia
Trascrizione dal podcast Salvatore racconta, episodio pubblicato il 5 giugno 2021.
Distribuito con licenza Creative Commons CC-BY 4.0 non commerciale.
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A maggio, la campagna siciliana è nel suo momento più bello. È il cuore della primavera. Sbocciano i fiori, cresce il grano, nascono le nuove foglie. La natura esplode di colori.
La storia di oggi parte proprio da un giorno di maggio in Sicilia e da un paesaggio di campagna. Ci sono alcuni giovani che camminano tra le piante e l’erba vicino ai binari del treno.
Sembra una scena molto bella e tranquilla. Solo che quei giovani non stanno facendo una passeggiata rilassante. Non è una passeggiata, e di rilassante non c’è proprio niente. Sono giovani disperati, distrutti dal dolore, perché un loro amico è morto il giorno prima. Proprio lì, in quel punto.
Il suo corpo dilaniato, cioè fatto a pezzi, è stato trovato sui binari più o meno a quell’altezza.
Ne hanno parlato anche i giornali, ovviamente. Hanno scritto che il loro amico era morto mentre provava a mettere una bomba sui binari. Una specie di terrorista, insomma. E pure uno nemmeno troppo bravo.
Poi hanno scritto che il loro amico forse si è voluto suicidare in modo spettacolare. E quindi, secondo i giornali, una notte di maggio ha preso un carico di tritolo, lo ha portato sui binari e ci si è sdraiato sopra. Per togliersi la vita così. In un modo orrendo.
I ragazzi a queste storie non possono credere. Il loro amico era appassionato di politica e aveva il cuore di un rivoluzionario. Ma di sicuro non era un terrorista.
E anche l’ipotesi del suicidio non ha senso. Loro lo hanno visto fino al giorno prima. Tranquillo, sorridente, combattivo. E molto concentrato. Perché il loro amico era candidato alle elezioni comunali del suo paesino. Che si chiama Cinisi. Poco lontano da dove loro quel giorno stanno cercando indizi, segni, per capire qualcosa della sua morte.
Alla fine i ragazzi tornano in paese. Non hanno sicurezze sulla morte del loro amico, ma di sicuro hanno qualche sospetto. Cinisi è un posto piccolo, dove tutti conoscono tutti. E loro sanno bene che il loro amico aveva molti nemici. Nemici capaci di uccidere se è necessario. Nemici che hanno un nome molto famoso in Sicilia: la mafia.
Il loro amico era uno dei primi che aveva iniziato a parlare della mafia. Ad attaccare la mafia, e il suo sistema di potere. Con le parole, con una radio, con la sua battaglia politica. Ed è per questo che la mafia lo ha ammazzato la notte del 9 maggio 1978.
È per questo che oggi parliamo di lui. Un eroe tragico, e simbolo della Sicilia migliore. Il suo nome era Peppino Impastato. E questa è la sua storia.
Un po’ di contesto, prima di tutto. Quando parliamo della mafia in Sicilia, non dobbiamo pensare a una cosa sempre uguale nel tempo.
È difficile dare una data ufficiale di nascita della mafia, perché è antica praticamente quanto l’Italia. Quindi esiste da centosessant’anni. Pensare che non sia cambiata per niente in centosessant’anni è ingenuo e sbagliato. E va bene solo per gli sceneggiatori di film e serie sui mafiosi.
Concentriamoci sulla mafia nei decenni dopo la fine della seconda guerra mondiale. Ovvero quando nasce, e poi tragicamente muore, Giuseppe Impastato, detto Peppino. Il nostro protagonista di oggi.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale, gli interessi principali della mafia erano nel controllo della terra.
La fine della monarchia e l’arrivo della repubblica significavano grandi riforme per l’Italia, che in Sicilia si concentravano soprattutto sull’elemento economico principale per l’isola: l’agricoltura.
La nuova Italia antifascista decide che è il momento di togliere la terra ai grandi proprietari e di dividerla tra i contadini. Almeno in parte. E almeno per renderli un po’ più liberi e autonomi.
Naturalmente una legge così ha dei forti oppositori. Proprio quei grandi proprietari che vedono improvvisamente finire il loro potere. E gli ribolle il sangue, ovvero si arrabbiano tantissimo, quando vedono i contadini che si associano. Che organizzano sindacati, proteste, manifestazioni.
Contro questa nuova forza sociale, i proprietari hanno bisogno di un alleato potente. Qualcuno che ha interesse affinché nulla cambi, qualcuno legato alla tradizione e alle cose fatte e risolte in famiglia. In una parola: alla mafia.
In quel periodo, la mafia fa una precisa scelta di campo. A favore dei ricchi e dei padroni, con l’aiuto di politici locali e criminali comuni. Si fa vedere per la prima volta nel 1947, quando un gruppo di banditi e mafiosi attacca una manifestazione di lavoratori che festeggiano il primo maggio, in un posto vicino a Palermo. Ci sono decine di morti e feriti. Ed è un segnale chiaro.
Le cose cambiano un po’ più avanti, quando arrivano (o tornano) in Sicilia capi mafiosi italo americani che sono diventati potenti dall’altra parte dell’oceano. La mafia siciliana così cresce, inizia a interessarsi al traffico di droga, diventa molto ricca e complicata da gestire.
Complicata, perché le famiglie mafiose sono tante, e non tutte vanno d’accordo tra loro. Anzi. Iniziano le prime guerre di mafia.
Quando Peppino Impastato è un ragazzino, a Cinisi negli anni Cinquanta, lui sa bene cos’è la mafia. Lo sa benissimo, anzi, perché pure suo padre è un mafioso. Non uno di primo piano. Gli Impastato sono una piccola famiglia che lavora per una famiglia più importante. I Badalamenti. I veri boss di Cinisi. Importante o no, Peppino Impastato nasce in una famiglia dove i valori sono i valori mafiosi.
Peppino però con quei valori non vuole avere nulla a che fare. Da subito comincia a mostrare disprezzo e disgusto per quel mondo. Contro lo spirito conservatore e reazionario della mafia locale, lui sceglie di essere rivoluzionario e comunista.
Si iscrive a vari piccoli partiti di sinistra, partecipa alle manifestazioni, agli scioperi, alle proteste. È un fiume in piena. Esplode di energia, voglia rivoluzionaria, e il conflitto in famiglia si fa sempre più forte. Al punto che suo padre Luigi lo caccia di casa.
Per Peppino però non è una tragedia, anzi. Lui continua a credere nelle sue idee. Solo che a un certo punto, partecipare non gli basta. Lui sente il bisogno di agire.
Peppino ha un’idea chiara in testa. La sua città, Cinisi, ma anche tutta la Sicilia, ha un’energia di cambiamento incredibile. Un’energia che può portare giustizia sociale, libertà e benessere per tutti. Solo che c’è una cosa che la blocca, ed è la mafia. Perché alla mafia interessa mantenere il controllo, e avere il potere. A tutti i costi.
Nel 1975, quando ha 27 anni, Peppino fonda a Cinisi un’associazione che si chiama “Circolo musica e cultura”. Un circolo culturale, insomma, dove parlare di libri, ospitare concerti, organizzare dibattiti. E anche fare politica. All’interno del circolo nascono il collettivo antinucleare e il collettivo femminista. Idee modernissime e attuali ancora oggi. Quasi incredibile crederle attive nella Sicilia degli anni Settanta. Ma come ho detto, non dobbiamo sempre credere agli sceneggiatori dei Soprano.
Due anni dopo, Peppino ha l’idea che rivoluzionerà la sua vita. Fondare una radio. La chiamerà Radio Aut.
Attenzione, non out in inglese, ma aut in latino, scritto A U T. Una parola che in latino significa “oppure”, e che per Peppino e i suoi compagni è un simbolo di alternativa.
In quel periodo, tutti sanno che c’è la mafia, cosa fa e chi la comanda. Nessuno però ne parla apertamente. Hanno paura, sono indifferenti oppure gli conviene che la mafia resista.
Tutti tranne Peppino e i suoi compagni. Radio Aut è una piccola stazione, locale, ma diventa molto popolare. Perché Peppino Impastato non ha paura di attaccare la mafia, di fare i nomi e i cognomi dei grandi capi mafiosi e dei politici che collaborano con loro, e anche di scherzarci con un sarcasmo molto sottile e preciso.
In quel momento anche alcuni amici di Peppino iniziano ad avere paura. Pensano che stia esagerando. Che sfidare a viso aperto la mafia non sia una buona idea. Ma lui è testardo, coraggioso e rivoluzionario. E va avanti. Nel 1978, dopo avere compiuto trent’anni, si candida alle elezioni comunali di Cinisi. Lo fa nelle liste di un piccolo partito di sinistra nato da poco, che si chiama Democrazia proletaria. Tuttavia il nome della lista non è tanto importante. È importante il nome di Peppino. Tutti ormai a Cinisi lo conoscono. Molti sono pronti a votarlo. Altri invece, decisamente no.
I capi mafiosi di cui Peppino si è preso gioco, ovvero quelli che ha attaccato con accuse reali e con il suo sarcasmo, non sono certo soddisfatti.
In particolare il vero boss mafioso di Cinisi, Gaetano Badalamenti, detto u zu Tanu. Ovvero, lo zio Gaetano, con quel nome di famiglia che da un lato suggerisce vicinanza e dall’altro richiede rispetto e un po’ di timore.
Fino a quel momento, u zu Tanu era abituato a ricevere rispetto da tutti a Cinisi. Tutti davanti a lui si toglievano il cappello e gli facevano un saluto sotto la finestra durante le feste di paese. Quello che fanno Peppino e i suoi amici a Radio Aut lo fa arrabbiare. Così gli fa arrivare dei messaggi di minaccia. Con il tipico tono mafioso, sono messaggi che dicono: stai attento e non esagerare, che le cose possono diventare pericolose. Peppino ignora le minacce e u zu Tanu decide di agire.
La notte tra l’8 e il 9 maggio del ‘78, pochi giorni prima delle elezioni di Cinisi, alcuni uomini di Badalamenti arrivano a casa di Peppino, lo catturano e lo uccidono. Anche se è figlio di un suo uomo di fiducia, non hanno pietà.
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Portano il suo corpo senza vita in campagna, lo posano vicino ai binari della ferrovia Palermo-Trapani e lo fanno esplodere con della dinamite. L’obiettivo è depistare la polizia. Ovvero, farle credere che Peppino Impastato, quel pericoloso pazzo comunista rivoluzionario, è esploso mentre cercava di fare un attentato alla ferrovia.
Gli amici da subito si rifiutano di credere a questa storia. E anche all’idea del suicidio. Perché Peppino avrebbe dovuto suicidarsi qualche giorno prima delle elezioni? E perché poi in quel modo così orribile?
Loro lo sanno che dietro la morte del loro amico e compagno c’è la mafia. E in particolare, Tano Badalamenti. E lo sa, in fondo, anche tutta Cinisi.
I funerali di Peppino Impastato diventano una manifestazione politica. Partecipa tantissima gente del paese. Forse hanno paura, ma hanno deciso che non possono più accettare quelle cose.
Il giorno delle elezioni tantissimi cittadini di Cinisi vanno a votare e scrivono sulla scheda il cognome di Peppino. Ovviamente sono voti nulli, perché il candidato è defunto, ma se fosse vivo basterebbero a eleggerlo in consiglio comunale. Un messaggio per la mafia. Anche se lo avete ammazzato, Peppino è vivo, le sue idee sono vive. Dentro di noi.
La giustizia per Peppino Impastato è arrivata molto tardi. Negli anni successivi alla sua morte, il fratello di Peppino, sua madre e i suoi amici hanno lottato per la verità. Hanno fondato il Centro Impastato e portato avanti la causa. Fino al 2002. Quando finalmente Gaetano Badalamenti è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Peppino Impastato e associazione mafiosa. Aveva ottant’anni. Ed è morto due anni dopo. Nel 2004 è morta anche la mamma di Peppino, Felicia Bartolotta, con la piccola consolazione di avere ottenuto giustizia per suo figlio.
Oggi la figura di Peppino Impastato è uno dei personaggi più famosi della lotta alla mafia. Al suo nome sono dedicate strade, piazze, fondazioni, centri studi.
E sono tanti anche i riferimenti nella cultura pop. Libri, fumetti, canzoni. Una in particolare è molto famosa. Si chiama I cento passi ed è la colonna sonora del bellissimo film omonimo dedicato a Peppino Impastato.
Nella newsletter e sui canali social di Salvatore racconta, vi lascio i link dove ascoltare la canzone e guardare legalmente il film in streaming.
In memoria di un uomo coraggioso, che ha reso migliore la sua terra. A costo della propria vita.
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