#11 – Mamma Rai! Storia della tv in Italia
Trascrizione dal podcast Salvatore racconta, episodio pubblicato il 15 maggio 2021.
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Alla fine degli anni Ottanta, il cantante e uomo di spettacolo Renzo Arbore lancia una canzone. È molto ironica e ha un ritmo irresistibile. In particolare gli italiani si innamorano di un verso di questa canzone.
Un verso che dice:
“Tu nella vita comandi fino a quando hai stretto in mano il tuo telecomando”
Il telecomando, forse lo sapete, è quello strumento che si usa per controllare la tv. Per esempio per cambiare canale, abbassare o aumentare il volume, accendere o spegnere il televisore.
La canzone dice chiaramente, anche se con tono ironico, che la persona che in famiglia controlla il telecomando è quella che ha il potere.
Oggi abbiamo internet, youtube, Netflix, i podcast e mille altre forme di intrattenimento. E quindi non è più così. Ma per molti anni, la tv è stata il centro della casa. La misteriosa scatola magica per divertirsi, per imparare, per emozionarsi, per sapere cosa succede nel mondo.
Quando parliamo di televisione in Italia, parliamo soprattutto della televisione pubblica. La Rai. Oggi l’offerta di tv commerciali, satellitari, e via cavo è enorme e la Rai ha perso importanza nella proporzione dei canali più visti.
Eppure, il suo ruolo simbolico e storico resta intatto ancora oggi. Basti pensare ai due grandi simboli nazionalpopolari: il festival di Sanremo e le partite dell’Italia. Sono ancora esclusiva, o quasi esclusiva, della Rai.
Di mamma Rai, per la precisione. Come la chiamano affettuosamente gli italiani.
Come sempre, partiamo da un po’ di storia.
Non capita spesso, ma in questo caso possiamo dare una data esatta e quasi un’ora esatta. Il 3 gennaio del 1954. È una domenica. Primo pomeriggio. Quel giorno iniziano ufficialmente le trasmissioni della Rai. Sui televisori appaiono delle immagini in bianco e nero, con una giovane donna che annuncia così:
[ANNUNCIO]
Subito dopo, comincia il primo programma della storia della tv italiana. Si chiama Arrivi e partenze, ed è un programma di interviste fatte negli aeroporti e nelle stazioni, a persone pronte a partire o appena arrivate. Il conduttore di questo programma è un giovane italoamericano dalla voce allegra e sicura. Si chiama Mike Bongiorno e diventerà una leggenda vivente della tv in Italia.
Il momento è storico, ma non sono in molti a vederlo. Per prima cosa, il segnale tv arriva solo a Roma e nella zona industriale d’Italia, tra Milano, Torino e Genova. Inoltre, le persone che hanno un televisore in casa sono ancora pochissime.
Perché i televisori costano molto. Un operaio della Fiat dovrebbe usare otto mesi di stipendio per comprarne uno. E poi, anche se è una prospettiva eccitante, la tv non è ancora molto interessante. Gli italiani negli anni ’50 per informarsi leggono il giornale, per rilassarsi ascoltano la radio, e per divertirsi giocano a carte con gli amici.
La situazione però cambia abbastanza velocemente. Già due anni dopo, la Rai vanta il suo primo programma di successo. Si tratta di un telequiz, il cui nome è Lascia o raddoppia. È un programma molto semplice, preso da un format americano. Il conduttore fa le domande e, dopo ogni risposta giusta, il concorrente può decidere se lasciare, e portare a casa quello che ha vinto, o provare a raddoppiare. Con il rischio di perdere tutto.
Gli italiani sono incantati dall’idea del quiz. Una possibilità di diventare ricchi in poco tempo. All’inizio, Lascia o raddoppia va in onda il sabato. Poi però ha un successo così grande che i proprietari di cinema e ristoranti si lamentano perché il sabato sera restano tutti a casa davanti alla tv e loro non guadagnano. La RAI allora decide di spostarlo al giovedì.
Per la prima volta, la tv cambia le abitudini delle persone. Da questo momento, niente sarà come prima.
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Oggi sembra quasi incredibile, perché siamo abituati ad avere programmi a qualsiasi ora del giorno e della notte. In quegli anni però le trasmissioni finivano a un’ora precisa. Il simbolo che le trasmissioni stavano per finire arrivava con la pubblicità. Una pubblicità amatissima, che si chiamava Carosello.
Anche per capire questo serve un po’ di immaginazione. Oggi odiamo la pubblicità, e proviamo in tutti i modi a evitarla. Gli spot di Carosello però erano diversi. Per prima cosa, erano gli unici. Inoltre, erano belli, elaborati, e alcuni sono diventati di culto. Per tutti gli italiani che sono stati bambini negli anni Sessanta e Settanta, Carosello era una specie di orologio. Significava che era arrivata l’ora di andare a dormire.
Abbiamo parlato di quiz e pubblicità, ma la RAI a quell’epoca è soprattutto servizio pubblico. In particolare con il telegiornale, ma anche con alcuni programmi educativi. Non parlo di documentari o programmi per ragazzi, ma vere e proprie trasmissioni di scuola.
Nell’Italia di quegli anni c’erano molti analfabeti. Persone che non avevano potuto studiare, e che volevano imparare almeno a leggere, scrivere e avere un po’ di conoscenze generali. Nasce un programma dedicato a loro. Si chiama Non è mai troppo tardi, dove il conduttore è proprio un maestro di scuola, il maestro Alberto Manzi, che spiega davanti alla telecamera usando gesso e lavagna, proprio come in una scuola normale.
E siccome i televisori sono ancora molto costosi, perché tutto questo abbia senso la Rai organizza punti di ascolto in tante città e paesi. Vere e proprie classi dove al posto della cattedra c’è una tv.
Presto, l’Italia degli anni ’50, povera, umile e molto tradizionalista lascia spazio all’Italia degli anni ’60 dove cominciano a esserci benessere, ricchezza e voglia di divertirsi.
La RAI capisce che deve rispondere a queste esigenze, così nascono programmi di puro intrattenimento. E nasce il secondo canale, quello che sarà RaiDue.
Uno dei programmi più famosi si chiama Canzonissima, ed è ovviamente un programma musicale. È andato in onda per quasi vent’anni, ha avuto tanti stili e tanti conduttori diversi. Per qualche mese, addirittura, il conduttore di Canzonissima è stato Dario Fo, uno dei più grandi scrittori e drammaturghi italiani di sempre, vincitore anche del Premio Nobel per la letteratura. Non è durata, però. Perché Fo era uno spirito libero, e la RAI era molto attenta alla tradizione e alla moderazione.
Possiamo parlare di censura? Forse non in senso letterale, ma certamente c’era un controllo molto attento della politica sulla RAI. E la politica in Italia, almeno al governo, significava la Democrazia Cristiana e i suoi valori.
Capita che il governo faccia pressione sulla RAI quando alcuni programmi non sembrano adatti alla morale comune. Per esempio nel 1961, quando la tv inventa un programma di intrattenimento che si chiama StudioUno e dove sono protagoniste due ballerine di origine tedesca, le sorelle Alice e Helen Kessler, diventate famose come gemelle Kessler. Il problema è che le gemelle Kessler ballano con le lunghe gambe non troppo coperte. E questo causa un po’ di scandali e di fastidio nel governo democristiano.
Ma il meglio, o il peggio, deve ancora venire. Circa dieci anni dopo, dentro Canzonissima.
La conduttrice questa volta è una ballerina e cantante italiana, si chiama Raffaella Carrà. Forse la conoscete, perché alcune sue canzoni sono state un po’ adattate negli ultimi anni e sono diventate autentici tormentoni. Conoscete questa parola?
Nell’anno in cui conduce Canzonissima, la Carrà è protagonista di due scandali. Il primo perché si presenta in tv con una maglietta molto corta che lascia scoperto l’ombelico.
Un’altra volta presenta in diretta una sua nuova canzone. La canta accompagnandola con una danza dal ritmo suadente e sensuale. Il titolo è Tuca Tuca.
Il governo, e anche la Chiesa, reagiscono malissimo. I giornali cattolici la definiscono indecente e chiedono che la RAI la licenzi. Ma l’Italia degli anni Settanta è più moderna di come pensano i vescovi, Tuca Tuca arriva al quarto posto dei dischi più venduti e Raffaella Carrà diventa una star.
Il mondo non si ferma, e la RAI neanche. Arriva il colore. E aumentano i canali. Nasce anche RaiTre.
Negli anni Ottanta, Canzonissima va in pensione e comincia un altro programma di varietà. Ovvero un programma che contiene varie forme di intrattenimento. Musica, danza, cabaret, recitazione. Il programma ha un nome decisamente poco modesto, ma in realtà adatto, perché è da subito un grande successo. Il conduttore è Pippo Baudo e lo show si chiama Fantastico.
Il culmine arriva nel 1982, durante i mondiali di calcio di Spagna. Quell’anno, l’Italia arriva in finale per la prima volta dopo il 1970. Dodici anni dopo la storica Italia-Germania 4 a 3. Se sei un ascoltatore di lungo corso di Salvatore racconta, sai di cosa sto parlando.
Quel mondiale non è finito bene. Quello del 1982, invece sì. Gli azzurri conquistano la finale e la coppa. Tutti quelli che c’erano, hanno un ricordo preciso di quelle emozioni. La voce del telecronista RAI Nando Martellini che grida per tre volte ai microfoni: campioni del mondo.
Per la vecchia RAI, quel grande evento nazionale è il canto del cigno. Da allora, tutto cambierà per sempre.
Ci sono i privati che fanno pressione. Hanno capito che la televisione è una grande fonte di affari e vogliono partecipare. Nascono piccole tv commerciali, tutte locali perché la RAI ha il monopolio per quanto riguarda le trasmissioni nazionali. Fino a quando sulla scena non arriva un uomo in quel momento ancora poco conosciuto. Da giovane suonava la chitarra sulle navi da crociera, poi è diventato ricco facendo il costruttore e ora sembra molto interessato alla tv e ai media. Si chiama Silvio Berlusconi.
Berlusconi compra le licenze di tre piccole emittenti locali. Per la diffusione nazionale, c’è ancora il coprifuoco della RAI, ma lui riesce a eluderlo con un trucco. Nasce il gruppo Mediaset. Tre nuovi canali nazionali, concorrenti della RAI.
La cosa assume subito peso politico. E lo fa ancora di più dagli anni Novanta, quando Berlusconi si candida alle elezioni e diventa presidente del consiglio.
Nasce un dibattito molto lungo sul conflitto di interessi. Un dibattito mai risolto davvero. Anzi, come si dice in italiano, finito a tarallucci e vino.
Intanto i canali Mediaset diventano popolari e sono da subito un concorrente fortissimo della RAI.
La RAI è istituzionale, seria e rispettosa. Le tv di Berlusconi sono colorate, giovanili, smaliziate. Completamente diverse.
Quanto diverse? Beh, basti pensare che uno dei programmi storici di Mediaset si chiama… Non è la Rai! Più chiaro di così…
A causa di Mediaset, e poi dell’arrivo delle altre tv commerciali e satellitari, la RAI ha dovuto cambiare molto il suo stile. Oggi non ha più l’esclusiva sulle partite della nazionale, e i suoi programmi somigliano sempre più a quelli della tv commerciale, anche se non ha rinunciato al suo ruolo di servizio pubblico, con programmi come Chi l’ha visto?, utile a trovare persone scomparse, e a canali tematici che offrono prodotti culturali importanti, come Rai Storia, Rai Cultura e altri.
Oggi la sfida per la RAI, e per la tv in generale, è quella di competere con tutta l’offerta on demand. L’obiettivo è l’attenzione dei più giovani, che sempre meno sembrano interessati alla televisione. Non sappiamo come finirà, ma di certo il ruolo di mamma RAI nella costruzione dell’identità italiana resterà per sempre.
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