102 – Lucio Dalla, cantante della bellezza semplice
Trascrizione dal podcast Salvatore racconta, episodio pubblicato il 4 marzo 2023.
Distribuito con licenza Creative Commons CC-BY 4.0 non commerciale.
Per ascoltarlo, clicca qui.
Prova a mettere insieme queste cose:
i videogiochi dove si spara ai mostri, l’arte religiosa del XV secolo, la tromba jazz, le macchine veloci, le barzellette volgari, le canzoni pop, l’opera lirica, i senzatetto che dormono sulle panchine.
Si fa fatica a tenere insieme tutto questo, non è vero?
Eppure, tutte queste cose hanno fatto parte dell’universo simbolico di uno dei più amati musicisti e cantanti italiani di sempre.
Un uomo eclettico, amante dell’arte e della cultura alta, ma anche delle cose semplici e popolari.
Ha sempre amato la vita e ha trovato la bellezza dove nessuno l’aveva mai nemmeno cercata.
Ha suonato e cantato pezzi raffinatissimi, canzoni orecchiabili, ma anche e soprattutto capolavori che oggi quando li ascoltiamo ci fanno venire la pelle d’oca.
Uno di quegli artisti che ha reso semplice la poesia e ha reso poetica la semplicità.
Un figlio di Bologna innamorato della sua città.
Oggi, 4 marzo del 2023, avrebbe compiuto 80 anni.
E per questo, l’episodio di oggi è un piccolo omaggio a lui e a quello che significa per noi.
Buon compleanno, Lucio Dalla.
Lucio Dalla è nato a Bologna il 4 marzo del 1943. E non sono dati banali.
Partiamo da Bologna, la sua città. Dalla è nato qui, anche se poi ha viaggiato molto e vissuto in tanti luoghi.
Ma Bologna è stata sempre la sua casa e la sua musa. E l’appartamento in via Massimo D’Azeglio 15 sarà sempre la casa di Lucio Dalla.
Non corriamo troppo. Prima che questo ragazzino diventi un’icona ne deve fare ancora di strada.
Torniamo a Bologna negli anni ’50, quando Lucio Dalla era adolescente.
Il fratello del padre era un cantante di discreto successo. Sufficiente a ispirare Lucio a trovare la sua strada nella musica. È lui che gli insegna a suonare la fisarmonica e probabilmente è lui che lo ispira a scoprire il suo primo amore musicale: il clarinetto.
Lucio dimostra presto di avere un talento fuori dal comune. È anche fortunato perché in quegli anni Bologna è terreno fertile per uno bravo come lui. In città c’è una ricca scena jazzistica e un giorno passa da lì il leggendario trombettista americano Chet Baker. Lucio adolescente lo incontra e improvvisa una jam session con lui. È il battesimo di fuoco di una carriera straordinaria.
Presto, la carriera di Lucio Dalla prende il volo. Suona il clarinetto e il sassofono in un gruppo che si chiama I Flippers. E a volte, canta anche. Mostrando che ha la stoffa dell’artista non soltanto quando c’è da soffiare dentro a uno strumento, ma anche quando si tratta di cantare.
Si vede subito che è un artista di livello superiore. A 21 anni inizia già la sua carriera da solista. Sono gli anni ’60, quelli in cui l’Italia contadina si trasforma lentamente in un’Italia urbana e colorata.
Da questo punto di vista, Lucio Dalla brucia le tappe. È stravagante nel modo di vestirsi, di muoversi, di stare sul palco. Non piace a tutti, ma lui è contento.
Nel 1971, a 28 anni, partecipa per la prima volta da solo al Festival di Sanremo. Gareggia con una canzone che parla di una giovane donna rimasta incinta dopo il rapporto con un soldato americano. Il contesto è evidentemente quello degli ultimi mesi della seconda guerra mondiale. La donna, trovatasi sola e con un figlio illegittimo da crescere, lo alleva dandogli tutto l’amore di cui è capace e tutta la città in qualche modo adotta questo neonato, che tutti poi chiameranno Gesù Bambino.
Gesù Bambino era anche il titolo originale della canzone, ma la direzione artistica di Sanremo ha ordinato di cambiarlo perché lo considerava offensivo. Il titolo finale, scelto in extremis, è una data. La data di nascita dello stesso Lucio Dalla. 4 marzo 1943.
A Sanremo la canzone arriva al terzo posto, e forse nessuno immagina quello che sta per succedere. Quella canzone diventerà uno dei grandi classici della musica italiana di tutti i tempi.
Un successo miracoloso, si potrebbe dire. Quel ragazzaccio scapestrato ha scritto una canzone che fa piangere tutti per la commozione.
Eppure, quel grande successo si ripete esattamente un anno dopo.
Nel 1972, di nuovo a Sanremo, Dalla si presenta con una canzone che parla di un senzatetto, un uomo che nella vita non ha avuto molta fortuna, dorme sulle panchine e tira a campare. Non dà a nessuno la colpa della sua condizione, in qualche modo ne è anche orgoglioso. Soltanto gli manca il calore del contatto umano. Una cosa a cui nessuno pensa davvero quando vede un senzatetto. Come recita il ritornello: a modo mio, avrei bisogno di carezze anch’io.
La canzone si intitola Piazza Grande, e molti erroneamente la collegano alla famosa piazza centrale di Bologna. Che però si chiama Piazza Maggiore. La Piazza grande della canzone, se davvero esiste, è da cercare a Piazza Cavour, più piccola e meno centrale, ma sempre nel cuore della sua amata Bologna.
Il successo di Piazza Grande, ieri come oggi, è incredibile.
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Lucio ormai ha 30 anni. Il momento di fare delle scelte. L’amore della sua vita è il jazz, gli piace essere controcorrente e un po’ provocatore. Piacere alle grandi masse non gli interessa.
Eppure, ha scritto due canzoni che ascoltano tutti. Forse è quella la sua strada? Certo, non la canzonetta che parla di fiori e di amore, ma la canzone d’autore. Dove potrà sbizzarrirsi con la sua creatività musicale.
C’è solo un problema. Lucio sente di essere pronto per quanto riguarda il lato musicale, ma come autore di testi non si sente all’altezza. Decide di iniziare una collaborazione con un poeta suo concittadino, Roberto Roversi.
Lavoreranno insieme per circa quattro anni, con la pubblicazione di tre dischi importanti, ma che oggi sono poco noti al grande pubblico. Sono dischi sperimentali, un po’ intellettuali. Dalla non ha rinunciato al suo grande amore per il jazz e prova a usarlo per le sue canzoni.
Il prodotto più famoso della collaborazione con Roversi è il disco che li ha fatti litigare e che si chiama Automobili.
Nel 1976, Roversi e Dalla avevano scritto delle canzoni per uno spettacolo teatrale chiamato Il futuro dell’automobile e altre storie. Uno spettacolo musicale legato al tema delle macchine da corsa da cui Dalla è sempre stato molto affascinato.
La casa discografica di Lucio spinge per registrare un disco con quelle canzoni. Lui accetta e viene fuori Automobili, che però è un prodotto piuttosto diverso da quello pensato per il teatro insieme a Roversi. E infatti Roversi decide polemicamente di non firmarlo, non lo riconosce come un suo lavoro.
I due così cessano la collaborazione per sempre. La carriera di Lucio è al passo definitivo. Diventare autore di sé stesso.
La cosa gli fa paura, ma gli riesce bene. Nel 1977, pubblica il suo primo disco da autore. Com’è profondo il mare. L’album ha un grande successo e contiene una delle sue canzoni più famose: Disperato erotico stomp. Un pezzo stravagante, ma anche profondo e malinconico tutto assieme, musicalmente ricchissimo anche se all’apparenza semplice. In una parola, l’essenza autentica di Lucio Dalla.
Comincia a delinearsi la sua immagine pubblica. Quella dell’uomo bonario e che non si prende sul serio, sempre vestito in modo trasandato, con un berretto di lana in testa che lo fa sembrare un rapinatore. Eppure un uomo capace di creare arte di livello incredibile. Arte per tutti, cultura alta e cultura popolare insieme, mai in contrasto tra loro.
Un uomo capace di amare il jazz più cervellotico e di scrivere canzoni leggere, capace di finanziare restauri di grandi opere rinascimentali e di presentarsi sul palco sporco e sciatto come uno scaricatore di porto.
Ma non c’è nessuna contraddizione in questo. Dalla, come forse nessun altro, tiene tutto insieme in uno stile che, proprio per questo, lo rende universale.
Non rinuncia a nulla di quello che ama. Gli arrangiamenti sono sempre di alto livello, con la voce si esibisce in grandi virtuosismi e con i testi riesce a raccontare storie ed emozioni che appartengono a tutti.
Lo dimostra di nuovo con l’album che esce l’anno dopo e che si chiama, semplicemente, Dalla. Due canzoni in particolare restano nel cuore delle persone. La dolce canzone d’amore Anna e Marco, ma soprattutto L’anno che verrà, un brano in cui Dalla immagina di scrivere una lettera a un amico dove racconta un po’ di cose che parlano del futuro. Per il titolo che porta, l’anno che verrà è da anni la copertina della grande notte televisiva di Capodanno della Rai, quella con cui si aspetta di festeggiare l’anno nuovo.
Cominciano gli anni ’80, Lucio Dalla è riconosciuto e riconoscibile. La critica è divisa a suo riguardo, lui però non se ne cura, sperimenta, collabora, va sempre avanti senza mai guardarsi indietro. Pronto a raggiungere la vetta.
Negli anni ’80, quasi inaspettato, tira fuori dal cilindro una canzone sorprendente. Scritta durante un soggiorno a Sorrento. Ispirata alla struggente storia degli ultimi giorni di vita del grande tenore napoletano Caruso, straziato dalla perdita della voce e dall’amore per una giovane donna a cui dava lezioni di canto.
In questo brano, dal testo semplice e minimalista, e composta con gli arrangiamenti classici della tradizione napoletana, Lucio Dalla dà tutto sé stesso. Il brano vibra di emozioni fortissime, soprattutto grazie all’interpretazione profonda e sincera, quasi disperata. Un urlo di passione, di dolore, di profondo amore per la musica. Una canzone che fa tremare i polsi. E che ha reso il nome di Lucio Dalla famoso in tutto il mondo.
Ci avviciniamo alla fine di questa storia. Lucio Dalla ha lavorato e composto per altri due decenni ancora dopo quel brano. È stato un creatore inarrestabile, una fucina di pensieri e di musica che si è fermata solo quando il suo organismo non ce l’ha fatta più.
È successo per caso. Il primo marzo del 2012. Lucio Dalla era a Montreaux, in Svizzera, ospite di un prestigioso festival di musica jazz. Il jazz, il suo primo grande amore, è anche quello che se l’è portato via. Un infarto nella notte, e non c’è più niente da fare.
A scoprire la sua morte, il giovane Marco Alemanno che lo accompagnava nel viaggio. Qualcuno dice che è il suo corista, qualcuno lo chiama il suo segretario. Molto probabilmente, anche se lui stesso non potrà mai confermarlo, Marco Alemanno era il compagno di vita di Lucio Dalla. Le lacrime devastanti del ragazzo al funerale non sono quelle di chi ha perso soltanto un datore di lavoro.
Dalla però su questo tema non si è mai espresso pubblicamente. Forse per pudore, forse per un dilemma interiore di coscienza dovuto alla sua profonda fede cattolica, forse perché pensava che l’Italia non fosse pronta. Probabilmente aveva ragione.
Di Lucio Dalla ci restano tante testimonianze, soprattutto la sua musica. E anche la sua casa, diventata una fondazione-museo. Sempre a Bologna, in via Massimo D’Azeglio 15. Il citofono attribuisce quella casa a un certo commendator Domenico Sputo. Ma è un segreto di Pulcinella, lo sanno tutti che quella è stata e sarà per sempre la casa di Lucio Dalla.
Oggi lui è una parte fondamentale della cultura italiana. E quando parlo di cultura, qui, non mi riferisco ai libri o alle statue. Lucio Dalla è qualcosa che fa parte delle emozioni di molte persone di varie generazioni. E qui, per chiudere, vorrei fare uno strappo alla regola e fare un riferimento personale.
Le canzoni di Lucio Dalla sono tra quelle che ho sempre sentito di più nella mia vita, sin da bambino. Fanno parte dei miei ricordi praticamente da sempre.
Mi fanno pensare al Natale, in particolare. E soprattutto alla mattina del giorno di Natale, quando gli ospiti devono ancora arrivare. Quel calore di qualcosa di bello che sta per iniziare, e che allo stesso tempo c’è già. Piccolo, rumoroso, sporco di farina e di pomodoro, con addosso il pigiama e le ciabatte, e allo stesso tempo molto caloroso. Ecco, Lucio Dalla per me è questa cosa qui. E probabilmente non solo per me. Per questo è così speciale.
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